Marta Matilde Favilli è veneziana di nascita ma vive a Milano da più di dieci anni: un tempo sufficiente per averne assaporato evoluzioni, contraddizioni e novità.
Con L’Altro Tramezzino, ha voluto portare una delle effigi lagunari per antonomasia a Milano combinando tradizione a contaminazioni culturali, gusti e influenze nuove – così come l’outwear di Canadian ispira i capi da città in un gioco di rimandi attenti alla contemporaneità, all’evoluzione delle esigenze individuali e alla dimensione sociale.
Abbiamo indagato con lei le origini della sua passione per il cibo, il suo sguardo sulla città, e le possibili accezioni che assume la dicitura New Urban Vibes nel contesto enogastronomico di Milano.
La scena enogastronomica è cambiata molto. Mi affascina molto osservare questo dinamismo perché è un po’ un serbatoio costante di novità che osservo e assaporo con grande piacere.
Marta Matilde risuona un po’ come Giovanni Giorgio but everybody calls you, Martilde. Dov’è nata Martilde? Nel senso, sei sempre stata Martilde o è un soprannome affibbiatoti a un certo punto della tua vita?
Sembrerà strano ma non ricordo precisamente quando mi è stato affibbiato questo soprannome. Da un lato lo sento mio da sempre e, considerata la mia tendenza a inventare soprannomi per gli altri, potrei essermelo autoassegnato quando ero piccola.
Lady Tramezzino, un aka che si ritrova immediatamente anche nella tua bio Instagram, e che richiama alla tradizione veneziana dei tramezzini. Che caratteristiche deve avere il tramezzino perfetto per te?
Proveniendo da lì, il tramezzino perfetto per me è quello veneziano.
Dev’essere assolutamente pieno, o meglio ripieno, panciuto. Il pane dev’essere soffice e umido. Pensa che per far ciò a Venezia i tramezzini vengono riparati sotto delle specie di strofinacci inumiditi.
Sei sempre stata molto appassionata di quel che riguarda il bere e mangiare o è qualcosa che si è sedimentato in te in età più adulta?
Ho iniziato ad apprezzare molto il cibo a partire dalle scuole medie. È una passione che in primis mi hanno trasferito i miei nonni; considera che quando mi sono trasferita a Milano, ogni volta che mi capitava di tornare in Veneto, mio nonno mi domandava “Dove xe che ti vol ‘ndar a magnar?” e mi portava a degustare un sacco di cose nuove e buone.
Da che presupposti è nato L’Altro Tramezzino?
L’Altro Tramezzino nasce dalla deliberata volontà di portare la tradizione dei tramezzini veneziani a Milano. L’idea, sin da subito, è stata quella di voler però sperimentare anche gusti, influenze, contaminazioni culturali diverse rispetto al consueto tramezzino veneziano – il tutto con uno sguardo alla stagionalità degli ingredienti.
Martilde è la crasi di Marta e Matilde. Se volessimo fare un gioco scemo e ipotizzare, così come i tuoi due nomi, due ingredienti che si associano e generano una terza entità (Martilde per l’appunto), quali ti vengono in mente immediatamente e perchè?
Sicuramente ci dev’essere qualcosa di piccante perchè amo molto il piccante.
Direi che il gusto Martilde potrebbe comporsi di kimchi, una mia ossessione dell’ultimo periodo, e un buon formaggio di qualche cascina top.
Milano ha una proposta enogastronomica in continua rinegoziazione ed evoluzione - qual è la prima cosa che ti ha colpito e perchè no, fatto innamorare, della proposta food&beverage della città?
Rispetto a quando mi sono trasferita a Milano, nel 2012, la scena enogastronomica è cambiata molto. Mi affascina molto osservare questo dinamismo perché è un po’ un serbatoio costante di novità che osservo e assaporo con grande piacere.
Milano è la città della moda e in qualche modo mi piace studiare le evoluzioni delle mode anche nel mondo food&beverage; mi piace chi sperimenta con coraggio ma sono anche molto legata alla tradizione e ai posti storici milanesi che, tuttavia, temo potrebbero essere lentamente spazzati via.
Apriamo un po’ il compasso: qual è secondo te la new wave di Milano? Quali sono le proposte che per gusto, estetica, originalità trovi più appaganti in città?
Quest’anno hanno aperto un sacco di enoteche con piattini che vedevo all’estero da un po’, specie a Parigi, e che francamente adoro. Fa un po’ sorridere che abbiano aperto tutte insieme ma non ci lamentiamo, hanno quasi tutte una proposta interessante. Sarà curioso capire chi resisterà negli anni e chi si eclisserà dopo questo momento di hype. Il mio preferito in assoluto è Silvano Vini e Cibi al banco, perché si sta benissimo e lo chef è un genio: ha un modo tutto suo di rivisitare la tradizione italiana che mi piace davvero da matti.
Per le colazioni, di cui sono grande fan, Folà è tra i miei favoriti perché ha tutta una sua dimensione di bottega e gastronomia di quartiere che adoro.
Tornando ai wine bar, mi piacciono molto Bar Nico, progettato dai bravissimi Sagoma Studio, Bar Paradiso per la proposta enogastronomica di qualità e per un legame affettivo. I ragazzi sono infatti i miei primi amici di quando mi sono trasferita a Milano.
Apprezzo molto anche Bicchierino Bar ma lo frequento meno perchè è agli antipodi rispetto a casa mia. Tra le ultime citerei anche FAT SAM at the Winery anche perchè un mio grande guilty pleasure è il pollo fritto.
Invece, se volessimo fare un esercizio da trendsetter, qual è secondo te il prossimo trend food, magari scovato in uno dei tuoi viaggi in giro per l’Italia e l’Europa, che a tuo avviso esploderà a Milano?
In una parola: fermentazioni.
E’ un trend che in parte è già partito ma non vedo ancora esplorato in modo capillare e convincente a Milano, se non da Spore grazie alla bravissima chef Mariasole Cuomo.
A che punto si trova Martilde nel suo viaggilde nel food a Milano, cosa ti auspichi possa riservare il prossimo futurilde?
Il 2025 sarà l’anno dell’apertura del nuovo L’Altro Tramezzino quindi sono molto concentrata su questo. Era arrivato il momento di spostarsi in un posto più grande che ci possa consentire, per esempio, di proporre un’idea rivisitata della consueta pausa pranzo. A Milano succedono tante cose belle e curate di sera o di notte, ultimamente anche a colazione, ma l’idea di provare a elevare il concetto della pausa pranzo mi intriga molto e mi sembra poco battuta.
Vivi il cibo e la tua passione in un modo univoco o ci sono delle sfumature tra il tuo modo di viverlo a casa rispetto a quando il cibo si mescola con la socialità, lo scambio, le relazioni?
Da un lato ci tengo moltissimo a mangiare cose sfiziose, a essere appagata, a provare e sperimentare posti e cucine diverse e rispondo sempre con entusiasmo quando ricevo un invito a cena. Dall’altro mi piace anche riservarmi del tempo per me, a casa, per apparecchiare in modo carino e concedermi di sperimentare ricette varie.
Ultima domanda: preferiresti poter viaggiare per un anno ovunque ma mangiando solo cibo basic italiano o rimanere a Milano per un anno potendo però mangiare tutti i cibi del mondo?
Questa domanda è una vera tortura per me perchè ogni mio viaggio è scandito in modo importante dalle prenotazioni ai ristoranti e dall’esplorazione culinaria di una cultura, anzi, molto spesso capita che parto prenotando i ristoranti e solo in un secondo momento l’aereo. L’idea di viaggiare in questi posti, avere un confronto con una tradizione culturale e poter mangiare solamente pasta al pomodoro mi deprime un po’.
Quindi, quasi quasi, potrei continuare a fare come sto facendo in questo periodo: ovverosia rimanere a Milano e provare qui cibo e tradizioni diverse.