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Quayola: il virtuosismo del non-umano

Domenica 4 ottobre la prima di Transient – Impermanent Paintings al Teatro Argentina per il Romaeuropa Festival. Cosa vedremo ce lo racconta direttamente l'artista

Written by Nicola Gerundino il 1 October 2020

Place of birth

Roma

Attività

Artista

Metà della vita spesa nella sua città natale, Roma, l’altra metà a Londra, dove si è fatto le ossa e ha ottenuto tutti i meriti e le consacrazioni dovute, perché (Davide) Quayola è certamente tra annoverare tra i migliori artisti digitali usciti non solo da Roma, ma dall’Italia tutta. Ne avremo ulteriore conferma domenica prossima, 4 ottobre, quando al Teatro Argentina ci sarà la prima di “Transient – Impermanent Paintings” all’interno del Romaeuropa Festival, un viaggio tra musica e immagine dove reale e artificiale si rincorreranno in un gioco di colori e note, “un concerto audiovisivo per due performer e algoritmi generativi, i quali eseguono, insieme, un’improvvisazione dal vivo per due pianoforti motorizzati e proiezioni video. Pennellate digitali iperrealistiche si articolano su una maxi proiezione, come su una tela. Ad ogni pennellata corrisponde una nota: si creano così paesaggi sinestetici e polifonici”. Ci siamo fatti raccontare com’è nato – e come “funziona” – il progetto direttamente dall’artista in questa breve chiacchierata. Quando tutti i lockdown non vengono per nuocere…

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Transient – Impermanent Paintings Rome / 04 / 10 /2020

Un post condiviso da Quayola (@quayola) in data:

Vorrei iniziare quest'intervista parlando di Roma. Come ti senti quando proponi qui un tuo lavoro? È cambiato il rapporto con la tua città natale in questi anni? Ci torni più spesso?

Le occasioni in cui un mio lavoro viene presentato a Roma sono molto rare, ma di sicuro questa è la prima volta che faccio qui una première di un nuovo progetto, quindi presentare “Transient” per la prima volta sarà davvero molto speciale per me! Passare gli ultimi 19 anni a Londra mi ha fatto capire quanto sia legato a Roma ed è per questo che recentemente ho deciso di starci molto più tempo. Quindi sì, ora sono a Roma molto più spesso, il che mi rende molto più felice! Il mio rapporto con la città al momento penso sia ideale: sono una specie di turista straniero che parla bene la lingua e conosce tutti.

Qual è invece il tuo rapporto attuale con Londra? Gli ultimi anni, quelli della complicata gestazione della Brexit, l'hanno segnata?

Sono andato a Londra quando avevo 19 anni e penso sia stata una decisione cruciale per lo sviluppo del mio lavoro. Confrontarsi con una realtà così internazionale, dinamica e competitiva è stato difficile, ma anche molto bello. E ora per me è come se fosse casa – anche perché, oggettivamente, la metà della mia vita l’ho vissuta a Londra. Il risultato del referendum è stato uno shock per tutti, soprattutto per i londinesi. I grandi problemi di oggi sono planetari, quindi pensare di risolverli chiudendo le frontiere di singoli Paesi non è sicuramente la strada giusta. A oggi nessuno sa ancora come sarà la nuova relazione tra Uk e Eu, quindi per ora non ci sono stati cambiamenti per me. Spero che la nuova realtà non renda troppo difficile il mio oscillare tra i due Paesi.

Tornando a Roma, domenica prossima sarai sul palco del Teatro Argentina. Hai particolari ricordi legati a questo posto? Cosa hai pensato quando dal Romaeuropa ti hanno proposto di presentare qui "Transient"?

Un tema cruciale del mio lavoro è la relazione tra passato, presente e futuro, quindi presentare un progetto così sperimentale in un posto storico come il Teatro Argentina è una sorta di allineamento perfetto. Questo 2020 è stato un anno molto particolare per tutti e sono rimasto molto sorpreso quando Romaeuropa ha deciso di andare avanti con il festival. Stimo molto la loro determinazione nel celebrare questa edizione speciale, nonostante la crisi del Covid.

Parliamo di “Transient” più nel dettaglio. Come interagiranno da un punto di vista tecnico laptop, pianoforti e immagini sullo schermo?

Il progetto è stato creato – e viene performato dal vivo – attraverso un sistema di software e algoritmi sviluppati appositamente all’interno del mio studio. In maniera generica, possiamo dire che all’interno di “Transient” esistono tre sistemi indipendenti: uno per le simulazioni grafiche, uno per la generazione del suono e relativi dati che vengono mandati ai motori dei pianoforti, e un altro esclusivamente per la modulazione e il controllo di tutte le centinaia di parametri presenti negli altri due sistemi. Questa complessità articolata permette non solo il controllo di entrambi i mondi audio/video, ma anche la possibilità di comporre/improvvisare dinamiche di suono e immagine contemporaneamente – quindi uscendo dai soliti paradigmi di gerarchie tra i due linguaggi. Un altro aspetto per me affascinante è la possibilità di suonare degli strumenti classici come il pianoforte senza le limitazioni del corpo umano e quindi esplorare un virtuosismo non-umano. Sul palco ci saremo io e il mio assistente Andrea Santicchia. Entrambi interagiremo con il sistema di controllo, che poi a sua volta genererà le istruzioni da mandare ai vari strumenti. Possiamo definirci quasi dei direttori di orchestra, ma saranno poi gli algoritmi a generare l’output finale.

Negli ultimi anni diversi tuoi lavori come i "Landscape Paintings" o la serie "Remains" o ancora "Promenade", sono molto legati alla natura. Da dove nasce lo spostamento verso questo tipo di soggetto e cosa cerchi di far emergere dalla tensione tra natura e tecnologia?

In realtà la tematica di fondo rimane la stessa in tutti i miei lavori, ovvero documentare come la tecnologia sta cambiando il nostro modo di vedere il mondo e che tipi di nuovi linguaggi estetici possono apparire se osserviamo il mondo attraverso l’occhio delle macchine. Documento tutto ciò guardando al passato, alla storia ed eredità della nostra cultura visiva. In questi sguardi al passato e tradizioni artistiche storiche ci sono varie tematiche, tra cui l’iconografia classica, i non finiti michelangioleschi, così come la tradizione della pittura del paesaggio. Riguardo a quest’ultima tematica, sono interessato a come la natura sia sempre stata il soggetto per eccellenza nella ricerca e sviluppo di nuove estetiche. Mi piace quindi l’idea di tornare a questo tema in maniera quasi impressionista, ma con un apparato tecnologico molto diverso. La tensione secondo me non è quindi tra tecnologia e natura, ma tra come noi osserviamo/comprendiamo la natura e come diversamente lo fa la macchina.

Nei prossimi mesi a cosa lavorerai?

Al momento sto lavorando ad una nuova serie di sculture, un nuovo progetto di arte pubblica in Texas, un’installazione robotica in Cina e un nuovo album di musiche algoritmiche…

Come hai vissuto i mesi di lockdown e come vivi la condizione attuale di “libertà limitata”? Stai già pensando a lavori che in qualche modo ne parlino?

Il lockdown, che ho fatto a Roma, è stato un bel momento di riflessione e condivisione con la mia famiglia (moglie e figlio di 3 anni). Di solito almeno un terzo del mio tempo lo passo viaggiando, quindi questo periodo è stato molto diverso dalla mia normale routine. Allo stesso tempo, però, sono stati mesi particolarmente produttivi, ad esempio tutte le musiche del progetto “Transient” sono state prodotte durante il lockdown. Quindi possiamo dire che questo concerto ne è un risultato.