Più che soltanto una manifestazione musicale, all’ottava edizione Piano City ormai è diventata un’idea: un modo totalizzante e “diffuso” di vivere la città, un’alternativa democratica alla fruizione della musica. Fin dall’inizio ha puntato a stravolgere le coordinate di spazio e tempo, delineando una dimensione collettiva unica in Italia per impatto ed energia, dando vita a un evento “POP” nella migliore accezione del termine “popolare”. Lo spazio che supera la dicotomia privato/pubblico, che vede le periferie diventare centro, i parchi trasformarsi in sale da concerto, la provincia farsi un tutt’uno con lo “stream of consciousness” del capoluogo. Il tempo che per tre giorni si dilata, declinato contemporaneamente in ritmi e soluzioni diverse, con il giorno e la notte sempre più uniti in un unico “after” dal pomeriggio del venerdì alla sera della domenica (con il Piano Center diurno, la GAM, e quello notturno, la Palazzina Liberty).
Piano City è inclusività: 450 concerti tutti gratuiti, molti giovani talenti protagonisti, palchi autorevoli ma anche luoghi da scoprire e spazi simbolici dove la musica incontra una vocazione che negli anni è diventata sempre più socio-culturale, e non solo musicale. E quindi le certezze, che sono sempre importanti, con gli amati house concert, i piccoli concerti nei cortili e nei salotti, quelli sui tram, sul tandem o sui battelli; le terrazze “cool” dello skyline meneghino, il Conservatorio, i concerti sui tetti dei Navigli, l’alba alla Basilica di Santa Maria delle Grazie, l’approdo nel Cortile della Rocchetta al Castello Sforzesco e in Centrale, un flusso sonoro che arriva come sempre anche fuori porta, fino all’Arengario di Monza, l’Oasi WWF di Vanzago e il lungolago di Como.
Ma anche molte novità con scelte che escono dai soliti percorsi della musica classica e del pop: concerti nel Bosco di Rogoredo, a San Vittore, al Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Via Corelli, nelle periferie urbane, da NoLo (in occasione della prima edizione di BienNoLo) a Gratosoglio. Apertura con il tradizionale concerto per far gongolare grandi e piccini (stavolta con nientepopodimeno che Ólafur Arnalds) e un calendario fittissimo in cui perdersi, con gli immancabili riferimenti più noti, quest’anno forse con un po’ più di jazz e musica nera (il pianista di boogie woogie Henri Herbert, l’ex Dire Straits Alan Clark, Bill Laurance degli Snarky Puppy, l’incrocio di classica e free jazz di Chad Lawson, i viaggi musicali di Dardust). Togliete l’orologio dal polso, lasciate a casa i cellulari e fatevi guidare dal tempo della musica: l’invasione dei pianoforti sta per ricominciare.
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Scritto da Chiara Colli