«Suoniamo il blues, suoniamo il jazz; musica spagnola e africana; musica classica, musica europea contemporanea, musica voodoo. Qualsiasi cosa… Perché in definitiva, è “la musica” ciò che suoniamo. Creiamo suoni. Punto». Così diceva il sassofonista Joseph Jarman nel lontano 1969, intervistato sulla rivista francese Hot Jazz. Nato in seno all’Association for the Advancement of Creative Musicians (fucina di leggende avant-jazz come Anthony Braxton), l’Art Ensemble Of Chicago compie 50 anni di “creare suoni”. Mezzo secolo di esplorazioni musicali che partono dalle istanze free-jazz per arrivare ad abbracciare la totalità delle espressioni (poesia, performance) e che rappresentano uno dei picchi creativi dell’avanguardia afroamericana su disco e soprattutto su palco.
Perché, sebbene la produzione discografica sia notevole – vi basti un classico come la colonna sonora “Les Stances a Sophie” come punto di partenza – è sul palco che l’Ensemble diventa un’esperienza multisensoriale, capace di incendiare il corpo e le menti come solo la Sun Ra Arkestra aveva fatto prima di loro. Gli echi delle sperimentazioni dell’ensemble riverberano tutt’ora in ambiti che non si limitano al jazz, mentre la loro attività live non si è mai conclusa, nonostante le inevitabili defezioni. Ora gli Art Ensemble of Chicago, guidati dal fondatore sassofonista/polistrumentista Roscoe Mitchell e il batterista/percussionista Don Moye, sono in tour per celebrare proprio questi 50 anni di attività instancabile, e lo faranno evocando e tributando in musica i componenti originari venuti a mancare nel tempo: il trombettista Lester Bowie, il contrabbassista Malachi Flavors e lo stesso Joseph Jarman. Stasera parteciperemo al rituale di una delle maggiori forze creative non solo della storia del jazz, ma della musica tutta.
Scritto da Marco Caizzi