Anche io, come Paky, “giro a Rozzi, sì giro a Rozzi”: nel senso che a “Rozzi” – che ormai ha soppiantanto l’antico “RozzAngeles” nello slang cittadino – ci abito; dunque canto “non mi muovi, fra’, da Rozzi, sì, frate’, a Rozzi, io qua ci muoio, uoh“. Ma non so se ci voglio morire su serio, romanticamente mi immagino di finire i miei giorni sulle Dolomiti, ma chissà, “uoh”.
Scherzi a parte, sono parecchio fiero che un mio concittadino abbia spaccato tutto con una canzone che ha un flow onestamente irresistibile, che è piaciuta tantissimo a un pubblico anche minorenne (storia vera: alle medie di Basiglio, quando la prof. ha chiesto «Chi è di Rozzano?», è partito un “Rozzi, sì, giro a Rozzi” che manco nei quartieri ALER), con un testo chiaramente provocatorio e nello stesso tempo realista e reale della vita dell’hinterland con il più alto numero di case popolari in Europa per abitante. Bravo Paky, continua così: ci vediamo a Rozzi, fra’, uoh.
Scritto da Simone Muzza 20089