L’ammasso stellare delle Pleiadi ha diverse caratteristiche che lo rendono unico. La più importante è la visibilità: a causa della loro piccola distanza da noi (440 anni luce) le Pleiadi si scorgono con facilità e appaiono come stelle molto brillanti e di grandi dimensioni. Un particolare che le ha rese note sin dalla preistoria: osservate e studiate da popoli, tribù, civiltà a ogni latitudine. Per secoli le Pleiadi hanno ispirato poeti, generato miti, guidato marinai.
Ma questo ammasso di stelle di peculiarità ne ha altre. Ogni stella è circondata da una leggera nebulosa a riflessione, per quanto non sia visibile a occhio nudo. E il loro angolo ridotto rispetto all’eclittica fa sì che i corpi dell’ammasso celeste siano spesso nascosti dalla Luna o da altri pianeti in transito. Quando Cristiano Calcagnile, Xabier Iriondo e Massimo Pupillo hanno scelto Pleiadees come nome per la loro nuova creatura hanno pensato a un’immagine che racchiudesse «Una musica in grado di innalzare lo spirito e condurlo alla presenza del divino. Luminosa e sincretica, una costellazione di eventi e antiche conoscenze».
Eppure il risultato è qualcosa di ancora più indefinibile: è una musica in cui queste tre stelle ben note del nostro orizzonte musicale svaniscono in maniera nebulosa, in cui di volta in volta gli interventi di ciascuno si elidono a vicenda, comunicando tanto con la brillantezza quanto con le ombre, proiettando la luce e il buio su di sé e su chi ascolta. Quello di Pleiadees è il suono di una continua eclissi. Siamo fortunati a poterlo ascoltare a orecchio nudo, senza bisogno di telescopi.
Scritto da Filip J Cauz