Una mostra forse un po’ atipica per Nico: molto poco rumore, molti pochi corpi, molta poca pressione del suo corpo contro quello degli altri, delle sue corde vocali nelle orecchie del pubblico. Diciamo che il casino in questo anno e mezzo di pandemia Nico se l’è giocato con “IONOI”, il progetto itinerante che l’ha portato in giro per l’Italia in venti città per altrettante case e altrettanti concerti “in house” dei Ninos Du Brasil (chissà invece quanti vicini avrà fatto incazzare!).

Negli spazi de La Fondazione c’è il “vuoto”, la pausa, lo sguardo, uno spazio dei venti anni intercorse tra alcune sue prime opere poi completate tra il 2020 e 2021 e qui ripresentate. Un peluche gigante (e insanguinato) di una scimmia è lì a ricordarci delle sue tante performance fatte di carne e ossa ancor prima che di messaggi e idee, poi ancora collage di animali disegnati e addomesticati sulle confezioni di cibi e prodotti da supermercato, spesso per bambini, tanti occhi su un lunga striscia di tele nere. La natura si è ripresa un po’ del suo spazio all’esterno, mentre noi continuiamo a perderla nel nostro interno. Esploderemo o imploderemo?