Sono quattro anni che Sali e Tabacchi Journal bivacca per l’Italia nascosta, coinvolgendo di volta in volta chi ha penne veloci e secche per un tuffo in qualche storia locale, chi a passo d’uomo macina racconti lunghi come l’orizzonte, chi inoltra parole tra i monti e le valli per perdersi come sciamani, e sempre accompagnati e guidati da fotografi con occhi brillanti o illustratori dai tratti minuziosi. Insomma, la rivista fondata da Elisa Carassai e Leonardo Pellegrino va a caccia di storie: osserva tra le fronde fitte di un paese i momenti, gli eventi, i riti e gli immaginari locali, scandaglia insomma il paesaggio nostrano per scovarne le espressioni più peculiari. A metà tra un girovagare attento alla ricerca antropologica e una passeggiata che si distrae guardandosi attorno rintracciando qua e là, tra nuvole e frasche, tracce di storie e d’immagini, Sali e Tabacchi è arrivato al suo terzo numero – che è in verità il quarto considerando il numero 0.
Dopo quindi che “Sensazioni Familiari” richiamava quella nostalgia del ritorno in una terra d’appartenenza con tutto il palinsesto dei suoi straniamenti, dopo “Spiritualità” che attraverso suggestioni alla De Martino rintracciava psicopompi pagani, streghe e stregoni, e anche dopo “Follia Creatrice” che s’infilava in quello spazio infinitesimale che distanzia il genio dal folle, benvenuto al terzo numero: “Biophilia“.
Un continuo rincorrere con le storie quel senso di stupore che pesca alla fine e ogni volta un pensiero.
Termine cooptato dall’eminentissimo e celebrissimo biologo Edward Wilson (a sua volta preso da Fromm), il termine significa proprio quello che indica la sua radice: la tendenza, pressoché innata, di essere attratti, di tendere, a tutto ciò che è vivo – o che comunque lo ricorda. Perciò tutto: dalla volpe rossa degli appennini al pioppeto rosso lungo una darsena del Po fino al pesce siluro o all’albero da frutto, coinvolgendo insomma ogni cosa che riesce a richiamare un pensiero di vicinanza, che si lega indissolubilmente alla vita. Chiaramente il termine richiama anche alcune istanze squisitamente ecologiche e contemporanee, da quel legame “non-umano” (attribuzione ormai sdoganatissima che rischia di annebbiarsi malamente, ma che dire: continua a funzionare) passante per la ricchezza geologica e floristica fino all’appropriatezza di un Luogo (con la “L” maiuscola, come voleva il vecchia Naess).
Insomma, luoghi – con tutte i loro frastagliamenti geografici – e persone e allora storie: storie di sementi e di animali, di paesaggi e di viaggi, di popoli nascosti nel sottosuolo in un continuo rincorrere quel senso di stupore che pesca alla fine ogni volta un pensiero.
Fatte le dovute presentazioni, vi si aspetta tutti allo studio di Massimo Alba in via Corsico, con Marta Olivo a regalare un po’ di musica.
Scritto da La Redazione