La Torchiera è prima di tutto un posto sacro. Non tanto per la storia profonda, che parte da nemmeno la metà del 1300 con pochi secoli d’attività e qualcuno d’abbandono; e nemmeno per l’occupazione che dura da più di trent’anni ed è pure senz’acqua da quando il comune la tagliò nel ’94 – il che rende l’occupazione niente meno che eroica; ma neanche per tutte quelle attività popolari, serate, laboratori, workshop, lezioni, cene e via dicendo che ogni posto occupato con sensatezza offre a chi lo desidera. No: la Torchiera è sacra perché c’è l’archivio donato (e consultabile) da un titano meneghino sommerso della critica e della fantascienza: Antonio Caronia. Intellettuale anomalo, compagno utopista della fantascienza cupa e messianica nonché della teoria dei media, e forse il più acuto traduttore e interprete nostrano di James Graham Ballard. Caronia lo si ricorda a fumare una fracca di sigarette scandagliando i futuri possibili nelle immagini dei cyborg, dei cyberpunk, delle psicosi mediatiche, della virtualità, e tutto questo in quell’epoca che vedeva a Milano i primi hacker bloggettari (leggendaria la VHS di Topolino Hackerino e l’Uomo di Ferro) e i pirati dei Navigli, tra Decoder e Un’Ambigua Utopia, tra la Conchetta di Primo Moroni e insomma: la storia mitica della fantascienza nostrana inscritta nelle fondazioni della Milano contemporanea.
Fatte le dovute presentazioni per chi mai se le fosse perse, stasera il cyberpunk si fa circo con Carnival ResisDance: 10 ore filate tra dj, MC, band punk e registi in un castello di sound system. L’evento è organizzato da BrainChain Records e FU.ME Rec, label e collettivi di istanza nella Milano EST, quartiere Lambrate; comincia alle 18:00 con la proiezione di un documentario sulla storia e l’evoluzione della musica Tekno e seguono due sale impetuose, ma prima un break di fine primo tempo con un aperitivo musicale curato da una delle menti malsane a capo di FU.ME, DJ Vietnam.
In Sala Ottoni attaccano alle 20:00 con sessioni di punk, new wave, EBM e industrial. Gli Uphor!a, litanici synth-punk con voci rotte e linee molli psicadeliche, seguiti dai The Bad Plug, milanesi del 2022 a batteria dritta e marciata con spiriti rumoristi e un’inclinazione krautrock che non sdegna gli strilli gracidi dell’anticamente e propriamente punk. Passa la palla a Lorenzo Nari, che tramite la sua enorme collezione di dischi faciliterà il passaggio alla cassa dritta prima della chiusura dei Moken, con un EBM da cardio, strilli e sudori per scenari cruenti e ancestrali.
Un flow carsico, seghettato e tagliente che sbatte barre da psicopompo nelle fogne più sotterranee delle coscienza.
Ma abbiamo anche la Sala Camino, e qui dobbiamo fermarci per un paragrafo dedicato a TMT, che già attestò l’irruenta presenza al Club Zero Ortica: serpe del grime metropolitano con lingue di bassi nere come il petrolio diabolico inventato da Reza Negarestani e bruciata da bagliori sonori sintetici che incappano in glitch, una base insomma votata a far vibrare sterni e a far sprofondare nelle melme dell’inesistenza urbana. A rincarare la dose, c’è un flow carsico, seghettato e tagliente che sbatte barre da psicopompo nelle fogne più sotterranee delle coscienza. Difficile realizzare che il grime può operare un carotaggio cerebrale. Eppure. Come se non bastasse è facile subire delle dipendenze: basta un attimo per ritrovarsi a canticchiare alla mattina in metrò «tossico ma funzionale» e sentirsi una merda; basta ascoltare una volta i raccordi tra una barra e l’altra, quei famigerati «BRAAAAAAP», ritrovarti a farli davanti al tuo capo, sul lavoro; e ancora più letale è il celebre balletto a saltelli che TMT performa puntualmente sui palchi, che si dice abbia conquistato decine di tiktokers.
A seguire tutti live set di Teral, junglist delle metropoli di cristallo, dj set di LTD Colours duo di bassi dalle atmosfere azzurre e concitate ma quel quid da sogno vivido, e percussioni in corsa tra electro e ghetto per il dj set di Antos, CEO di BrainChain rigorosamente senza giacca e cravatta. Per chiudere, GKHP pronto a scatenare scandali irragionevoli e convulsi nell’elettronica da sobborgo metropolitano.
Ci sono insomma tutte le ragioni per catapultarsi e invischiarsi in questa reminiscenza del cyberpunk che continua imperterrito a rappresentare degli orizzonti urbani di una Milano carsica.
Scritto da Giacomo Prudenzio