Di Moor Mother mi ero interessato, da profano, principalmente per le sue incursioni sul warfare dub di The Bug. Già da solo, il suo spoken word secco, lapidario e al tempo stesso pieno di empatia e umanità, mi aveva fatto scalfire la superficie di un personaggio raro nel sottobosco musicale. Superficie che una volta scalfita si è frattalizzata in un ipercubo di volti e sfumature, un dodecaedro di esperienze musicali che culmina in quello che qualcuno ha definito “jazz quantico”, quello degli Irreversible Entanglements. Quantico non a caso, considerando l’indeterminismo che governa le performance del contrabbassista Luke Stewart e del percussionista Tcheser Holmes che accompagnano i viscerali proclami della nostra madre savia e incazzosa. Astrazioni ritmiche che accompagnano gli echi siderali della tromba di Aquiles Navarro e del sassofonista Keir Neuringer, capaci di accompagnare la spirale di amarezza e speranza che sono le liriche di Camae Ayewa. Una performance che acquisisce senso, struttura e posizione solo nella soggettività dell’osservatore, un magnifico e difficile gatto di Schrödinger che vale decisamente la pena controllare se respira ancora.
Scritto da Andrea Pagano