I paraventi sono poetici, nel loro modo di stare nello spazio, per la loro funzione o essenza, per le immagini e le storie che si portano sopra e dentro. Un segno di protezione ed eleganza che si innalza. E muovendosi nelle sale di Paraventi: Folding Screens from the 17th to 21st Centuries a Fondazione Prada, la sensazione non svanisce mai. Un titolo quasi tecnico per una mostra davvero ben riuscita, che unisce in modo sinuoso e fluido l’anima e il corpo dei paraventi, dai grandi classici orientali alle rivisitazioni artistiche del contemporaneo occidentale.
L’elemento lampante del progetto è il processo di ricerca che lo ha generato: si vede in ogni dettaglio e nella raffinatezza delle opere: siano esse antiche o commissionate per la mostra, sanno portare un contributo sincero, non forzato, che permette di fruire quella sensazione potente e senza nome che la grande arte ti sa trasmettere. Nello stomaco e nel cuore. Ed era tanto che a Milano non si aveva l’occasione di poterla provare.
Un lavoro quello dietro Paraventi: Folding Screens from the 17th to 21st Centuries lungo, che è durato anni, sotto la cura di Nicholas Cullinan e di un team che sono riusciti a restare fedeli a un solo concetto senza mai strattonarlo, forzarlo e svilirlo.
La fruizione è ampliata dal dialogo con lo spazio e dall’allestimento ideato dallo studio di architettura SANAA che rende il contenitore della mostra un luogo in cui perdersi ma senza distrazioni dall’esterno, con un sorriso posato sulle labbra generato dal senso di scoperta e stupore che l’ambiente in costante movimento crea.
Scritto da Annika Pettini