Tappe di avvicinamento di questo livello contribuiscono a rendere l’appuntamento con lo Pycho River Fest una sorta di trip unico, magicamente dilatato nel tempo. Un rito sciamanico in loop, un continuum di distorsioni e riverberi, un’occasione imperdibile per avvistare unicorni lungo il fiume. Si tratta di un format potenzialmente in grado di mettere d’accordo nostalgici e avanguardisti, freakkettoni della prima ora e “metallari arty”, varie generazioni riunite su di un dancefloor senza gravità e varie tipologie di cervelli spappolati dai volumi apocalittici degli amplificatori. Preparatevi, allora, al muro di suono dei Carlton Melton, direttamente da San Francisco: tre weirdo già noti per le loro scorribande psichedeliche in mezza California col nome di Zen Guerrilla. Il loro sound, debitore del garage cosmico dei Chrome, si è fatto via via sempre più pachidermico e insieme rarefatto, sospeso tra krautrock e shoegaze, nebulose drone e un’eco dreamy. Come una versione doom di Intestellar Overdrive. Nel corso delle loro infinite suite strumentali, a tratti, potrebbe ragionevolmente subentrare un senso di dèjà vu e monotonia, ma l’impatto dal vivo dovrebbe farvi tremare la terra sotto i piedi ed evitare ogni tipo di torpore. Il loro ultimo disco si intitola Mind Minerals ed è uscito su Agitated Records. La band però ci tiene a coltivare anche uno spazio di auto-produzione grazie alla propria etichetta personale – la Mid-To-Late Recors – sulla quale non sfigurerebbero gli opening act della serata: Delysid e Plateux. Portate con voi un amico fidato che vi tenga per i capelli mentre vomitate arcobaleni nel Po.