Con questa mostra, Valentina Cameranesi si confronta con l’impulso di costruire un mondo a propria immagine, interrogandosi sulla possibile felicità degli occhi. Cinque vetrine si aprono sull’allestimento – come belvedere affacciati sul paesaggio interiore della designer – per rendere espliciti alcuni elementi cardine del suo lavoro: temi, linguaggi, interlocutori. Si affiancano nuovi materiali (come i metalli), a quelli d’elezione (i tessuti, la ceramica), evidenziando gli ultimi sviluppi di una ricerca intensa e complessa, per lo più inedita fino a oggi.
Lo sguardo viene veicolato attraverso un’atmosfera rarefatta, in un’apparente comfort zone che trascende canoni e definizioni. Ma l’inconscio lavora, e un’osservazione più attenta rivela fattori disturbanti, interferenze sottili nell’armonia superficiale. Sono questi rumori di fondo la vera chiave di lettura di questo processo creativo. Nel suo gioco ininterrotto di rievocazioni (gli anni 80 e 90, i cliché, la letteratura, i frame congelati da film e videoclip), Cameranesi compie un esercizio di appropriazione, elaborazione e infine restituzione in nuova forma. Una pratica consapevole del passato ma concentrata sul tempo presente, che riguarda sia la produzione di oggetti che l’intervento sullo spazio. In questo caso, la designer interviene su elementi standard, di produzione industriale, e li processa attraverso il suo filtro personale per renderli parte integrante della sua visione.
Uno studio che ha a che fare con i meccanismi del desiderio, utilizzando anche la fotografia per veicolare suggestioni e – di nuovo – controllare gli sguardi. La ricostruzione ideale di uno stadio importante quanto transitorio della ricerca di Valentina Cameranesi, eseguita con l’obiettivo di immergersi liberamente nel suo immaginario.
Questa esposizione è dedicata agli occhi, senza pretese didascaliche o definitive.
Scritto da Luca Toscano Otto