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mar 27.03 2018 – dom 20.05 2018

Teresa Margolles - Ya Basta Hijos De Puta

Dove

PAC - Padiglione d'Arte Contemporanea
Via Palestro 14, 20121 Milano

Quando

martedì 27 marzo 2018 – domenica 20 maggio 2018

Quanto

da € 4 a € 8

Il mondo è pieno di violenza. Il mondo è pieno di immagini. Dunque il mondo è pieno di immagini di violenza. Eppure Marguerite Yourcenar ci insegna che più violenza vediamo, più il nostro cuore si indurisce.
Il sipario della Artweek si apre con la personale dell’artista messicana Teresa Margolles al PAC, che dalla violenza ha tratto la sua arte. Tra l’etica e l’estetica, il lavoro artistico di Teresa Margolles nasce dalle ceneri di persone x, vittime di soprusi, ingiustizie e di silenzi, per dare finalmente voce e volto a quelli che in vita non li ebbero mai. Dopo Santiago Serra, il Padiglione d’Arte Contemporanea torna a scioccare il suo pubblico, a risvegliarlo dal sonno mediatico o semplicemente a rinnovare la sua percezione dell’altro e del mondo. La mostra che presenta 14 installazioni è un inno alla vita, attraverso la morte. Alla violenza delle immagini che ci sono proposte ogni giorno, Teresa Margolles risponde con uno stile minimalista eppure ben più efficace e profondo della stessa rappresentazione della morte. La morte, ultima goccia di una violenza dilagante in un paese come il Messico, terra natale dell’artista, al quale potremmo, ahimè, sostituire un qualsiasi altro paese, rimane onnipresente nell’opera di Margolles, eppure non c’è. C’era il binario sonoro di Susan Phillipsz a Documenta XIII, un’installazione sonora tra i binari dell’Hauptbahnhof, che ogni mezz’ora per diffondeva dagli altoparlanti lo Studio per orchestra d’archi di Pavel Haas, musicista deportato nei campi di concentramento.
Cosciente della necessità di abbandonare la via dello spettacolo in una società la cui vita è ritmata da immagini, Teresa Margolles privilegia un vocabolario plastico più sottile e astratto.
Il suo lavoro artistico è metonimico della violenza; tra il visibile e l’invisibile, giocando sulla presenza e l’assenza, Margolles evoca la morte in modo discreto. Il visitatore, spettatore privilegiato ancora una volta, come per la mostra di Serra e come nell’opera di Susan Phillipsz, è invitato ad interagire fisicamente ed emotivamente, perché lo scopo non è estetizzare il trauma, ma provocare un malessere nello spettatore, un effetto di straniamento. Le opere dissimulano ciò che sono, eppure, più forti delle immagini, designano la violenza attraverso materiali non artistici, ma organici provenienti dagli stessi corpi dei morti, spesso venduti dalle famiglie a Teresa Margolles per potersi permettere di dare una sepoltura al morto. La presenza del morto rimane iscritta nell’opera, alla quale lo spettatore si rivolge continuamente, spesso inconscio fino alla lettura della descrizione; l’effetto catartico è al centro del lavoro di Teresa Margolles, che si serve del luogo d’esposizione per mostrare la violenza senza veli, ed evitare che passi inosservata un’altra volta. Immersa nel contesto naturale la violenza, come ogni altro oggetto, ad esempio le Brillo boxes, è ottusa, banale. Al contrario, grazie alla sua entrata in scena in uno spazio museale, isolata e non percepita come opera d’arte, essa ci invita ad osservarla per quello che è, segno e significante di se stessa.
L’estetica barocca della necro-arte di Margolles è un dispositivo di conoscenza. L’arte, che non è nuova nel percorrere il labile confine dell’etica sociale, risponde ad un nuovo ed insistente quesito ‘che fare?’, proponendosi come alternativa alla paralisi sociale.

Opening: 27 marzo, ore 19:00. Orari di apertura: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica, ore 9:30 – 19:30; giovedì, ore 9:30 – 22:30.

Scritto da Chiara Di Leva