Preparatevi perché non sarà una mostra facile. Tanti strati concettuali – primo fra tutti l’idea che la roccia, in parole povere, includa e trattenga sempre un vissuto di qualche tipo – che corrispondono a una baraonda stilistica. Pitture su carta che imitano lastre in marmo ottenute con una buona dose di improvvisazione, dipinti che richiamano la scagliola – a sua volta antico escamotage per riprodurre l’effetto del marmo con mezzi ben più economici – includendovi degli elementi come fossili, macchie di colore, linee astratte, un non so che di punk: le “rovine” di Brätsch si annunciano molto avventurose. Se non bastasse, la Brätsch trascorrerà un mese in residenza con Debo Eilers, sua partner in crime nel collettivo KAYA, per realizzare quello che si annuncia come un covo primordiale e trasgressivo in cui pittura e scultura si fondono. Letteralmente, perchè i loro lavori sembrano sfuggiti per un pelo a un fuoco distruttore.
Scritto da Giovanna Giannini Guazzugli