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mer 26.08 2015

Tame Impala + Nicholas Allbrook

Dove

Ippodromo delle Capannelle
Via Appia Nuova 1255, 00178 Roma

Quando

mercoledì 26 agosto 2015
H 21:00

Quanto

€ 30 + d.p.

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Organizzatore

Rock In Roma

Sarebbe azzardato, per ora, ipotizzare che tra qualche decennio i nostri nipotini nerd penseranno a Kevin Parker come noi oggi pensiamo a Brian Wilson e Kevin Shields – ancora troppa poca droga e troppa poca solitudine nella vita dell’australiano rispetto a quella dei Maestri. All’uomo solo al comando dei Tame Impala – che, ricordiamo, sono una band solo in versione live – e al suo esordio Innerspeaker dobbiamo comunque parecchie cose: averci convinti del fatto che dall’Australia non sarebbero uscite più solo band insulse tipo The Vines, Wolfmother e Jet – ma una “scena”, quella di Perth, nata e cresciuta autonomamente rispetto all’impero anglo-americano; aver contribuito a rendere la nuova decade musicale decisamente più promettente della precedente – Innerspeaker usciva a maggio del 2010; infine, essersi preso la briga di pubblicare il disco psichedelico perfetto per il suo tempo. Dentro quell’album c’erano i Beatles espansi di Revolver, il Paisley Underground e i chitarroni seventies, ma imbevuti in un catino di synth ed effetti analogici che ne moltiplicavano i colori. A completare il trattamento del disco, registrato in isolamento su una spiaggia di Perth e divenuto flusso di coscienza per gli psychotici indie di mezzo mondo, la centrifuga super-cool di Dave Fridmann (l’uomo che fa i suoni belli ai Flaming Lips) in fase di missaggio.

Nonostante, da allora, abbia ancora Innerspeaker fisso sull’iPod e il mio ultimo status Facebook con scritto << Solitude is bliss >> risalga a non più di due mesi fa, probabilmente non sono l’unica ad aver creduto che dopo un album così Kevin Parker non avrebbe potuto fare altro che ripetersi (nell’ipotesi migliore) o ripetersi in peggio (in quella più probabile). E invece. Nel 2013 Lonerism gli fa fare il grande salto: verso l’elettronica (sempre visionaria ed espansa), verso il pop (oppio dei popoli) e verso i jingle pubblicitari (per una marca telefonica, grazie alla quale si paga uno studio nuovo, sempre in riva al mare a Perth). Nel suo pezzo più celebre di Lonerism, Parker parla della << sensazione di andare sempre indietro >> ma a parte una questione puramente temporale – nell’album è più il decennio dal ’60 al ’69 a riecheggiare – il suo è un movimento costantemente in avanti. I suoni e gli strumenti si moltiplicano, il pubblico che lo segue pure, i live sono il culmine di quelle esplosioni cosmiche di luci ed effetti a cui fa riferimento nelle interviste. La psichedelia, il pop, il rock e l’elettronica sono liquefatti in un unico progetto. La produzione, certo, è contemporanea. Ma soprattutto la mente di Parker, priva di steccati e limitazioni, lo è.

Probabilmente più all’antica, invece, è la visione di chi si è trovato fin troppo spiazzato dal suo ennesimo salto carpiato in avanti con Currents – il disco più chiacchierato dell’estate. Prevedibile nella sua imprevedibilità, sempre più uomo solo al comando – facendosi carico anche della produzione – il ventinovenne australiano si riflette stavolta nello specchio tutto club culture e techno pop degli anni 80. L’immagine sembra ulteriormente filtrata dalla sua permanenza in Francia negli ultimi anni (plausibilmente per via della ex fidanzata, Melody Prochet aka Melody Echo Chamber) e i suoni che ne escono fuori riverberano Daft Punk, Air, Sébastien Tellier e ibridi lascivi ed espansi tra soul ed elettronica. Più che una svolta pop, quella di Tame Impala è solo l’ennesima svolta – e a Parker piace così tanto giocarci anche nei titoli delle canzoni (Let It Happen, Yes I’m Changing, Really in Motion, New Person New Mistakes…). Qualcuno sta gridando al tradimento, qualcun altro, ehm, si sta godendo il dibattito che quotidianamente divampa su Facebook, tra progressisti, scettici e reazionari.

Ebbene, quella di stasera è la prima data di sempre dei Tame Impala a Roma. Sul palco, Kevin Parker rigorosamente scalzo e la sua band di musicisti freak ma pure bravi a suonare (anche perché tutti più che rodati con i loro gruppi a Perth – incluso Nicholas Allbrook, in versione da solista in apertura, già mente deviata dei settantonissimi Pond). A prescindere dal fatto che vi sia piaciuto o no Currents, che siate più o meno consapevoli di quanto quello dei cinque australiani sia un gran show psichedelico (qui come altrove il riferimento è soprattutto all’attitudine), vi basterà leggere la seguente dichiarazione di Parker per capire da quale “parte” stare. << Sono consapevole del fatto che ci saranno persone che hanno amato i miei album precedenti che non apprezzeranno Currents. Ma se con questo album riuscissi a convincere anche solo due irriducibili fan del rock del fatto che i synth anni 80 possono andare d’accordo con le batterie anni 70 – se posso contribuire a fargli lanciare uno sguardo al di fuori dei limiti tradizionali dello psych rock – beh, allora almeno una delle mie missioni è portata a termine >>.

Scritto da Chiara Colli