In questo clima di revival femminista cavalcato anche dal mercato e dai brand i tempi sembrano finalmente maturi anche per rivalutare Margherita Sarfatti. Figura controversa, più odiata che amata, ebrea (fuggita in esilio in Svizzera per 9 anni nel ‘38), socialista, femminista, fascista e amante del Duce prima della Petacci, resta comunque una delle poche critiche d’arte italiane a essere passata alla storia. I detrattori, che fino ad oggi hanno interpretato la vicenda in chiave politica (non perdonando alla donna Sarfatti molto di ciò che invece è stato condonato a intellettuali dell’altro sesso), hanno imputato questo successo soprattutto al suo legame affettivo con Mussolini, del quale fu anche biografa. Ma, al di là delle polemiche, per la storia dell’arte Margherita Sarfatti resta la critica che ha imposto in epoca fascista uno stile pittorico in linea con ciò che andava sviluppandosi nel resto d’Europa con il ritorno all’ordine, il Realismo Magico e la Nuova Oggettività, supportando un gruppo di giovani pittori (Dudreville, Funi, Malerba, Marussig, Oppi, Bucci e Sironi) poi raggruppatisi sotto l’etichetta di “Novecento” di cui la Sarfatti oltre ad organizzare la prima mostra del ‘23 alla Galleria Pesaro a Milano, fu critica ufficiale.
Orari di apertura: lun, ore 14:30 – 19:30; mar-mer-ven-dom, ore 9:30 – 22:30; gio e sab, ore 9:30 – 22:30.
Scritto da Angela Maderna