Tra un evento e l’altro di Tony Servillo ne La Grande Bellezza, appare in un club, quasi inosservata, una band composta da quattro musiciste di origini afro-americane. Il pubblico è pigro, quasi assente, forse in pochi ci avranno fatto caso: si tratta delle ESG. La storia delle sorelle Scroggins inizia a ridosso degli anni Ottanta a South Bronx, New York, quando la madre decide di tenerle lontane dalla strada costringendole a imbracciare gli strumenti. Il suono che ne viene fuori sembra da subito qualcosa di epico: neo-tribalismi urbani che ammiccano al funk così come al punk, uno dei crossover più singolari di tutta l’era della new wave. Da lì a poco finiscono a suonare prima per la leggendaria 99 Records, ancora giovanissime per l’evento apertura dell’Hacienda, registrando il disco di debutto sotto l’effigie del genio di Martin Hannett e lasciando così una traccia indelebile nel genere, giocando un ruolo fondamentale nella Chicago house di Ron Hardy e venendo campionate da una miriade di produttori hip hop, diventando più tardi una miniera d’oro da cui attingere anche nell’epoca del post-punk revival che ha animato la scena musicale degli anni Zero con uscite come quelle di Chk Chk Chk e LCD Soundsystem. Questa al Locomotiv è la prima e ultima data italiana, per quello che dovrebbe essere il loro tour d’addio. Sarà vero?

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Da una rapida ricerca su Google, il sito Whosampleswho.com ha individuato 430 tracce che contengono campioni delle ESG, alcune di producer davvero famosissimi. Un loro EP pubblicato nel 1992 si chiama, appunto, “Sample Credits Don’t Pay Our Bills”.

Qui una selezione dei miei 5 preferiti.

Beastie Boys – Sure Shot

Liars – Tumbling Walls Buried Me in the Debris

Ma anche:

Notorius B.I.G. – Party and Bullshit

J Dilla – Geek Down

E sopratutto:

Marracash – Status