Caro Dixon,
penso di averti dimostrato negli anni la mia cieca fiducia al magistrale lavoro che ormai da anni tu e la tua impeccabile label Innervision portate avanti con eleganza e coerenza tutta teutonica. Prenoto prima la tua festa off per il Sónar che il treno verso casa per Natale; scavalco cancelli quando è sold out il tuo after all’ADE; cerco il tuo nome su tutte le line up del mondo invece che pensare di metter su famiglia.
Ma questa volta, caro Dixon, la mia missiva giunge per dirti una cosa: la moda no, non ci siamo, non è il tuo. Se ormai il connubio clubbing e fashion sembra avere fagocitato nel suo ventre tutti i più grandi nomi del dancefloor mondiale (vedi Loco Dice e Burlon, Antonio Carbonaro aka Circoloco e Cattelan che fanno sciarpe), tu, così rigoroso, matematico, impassibile, tu che sei stato volto Givenchy e Louis Vuitton, perché ti sei messo a fare clubwear di dubbio gusto? La linea “Together we dance alone” è alquanto trash. Colori fluo, fiamme tuonanti, font da maraglio anni 90.
Ok tutto, ma dal Dio della deep house di classe mi aspettavo, per dire, una collabo con Margiela e non con l’alter ego di Philippe Plein. Detto ciò, caro Dixon, non mancherò comunque a ogni tuo set nel mondo, ma ti prego, togli l’oversize shirt e rimetti la camicia blu navy con il collo alla coreana. Caro Dixon, per te la moda finisce qui!
Tua (comunque).
Scritto da Lady D.