Nella mia bolla sui social, per un intero giorno o anche di più, tutti (soprattutto a sinistra) hanno commentato l’uscita di Elena Stancanelli sul ragazzo di Torre Maura. La storia la saprete anche voi e non vi tedierò, ma mi ha ricordato una frase di Umberto Eco che avrebbe dovuto fare da monito alla scrittrice: «Egli (il critico)] non amerà certo ciò che ama il pubblico medio, ma in compenso odierà ciò che esso ama; in un modo o nell’altro è ancora il pubblico medio a dettar legge e il critico aristocratico è vittima del suo stesso gioco».
Io non sono una critica e non sono certo aristocratica, ma posso dire con assoluta sincerità di ammirare da sempre la produzione artistico-markettara di Maurizio Cattelan in ogni sua espressione, e TOILETPAPER non fa eccezione. Mi piacciono le sue cose con Seletti e quelle con Gufram, mi diverte quell’estetica alla “Black Hole Sun” – trovo la citazione dei Soundgarden decisamente appropriata mentre la foto di un buco nero campeggia sulle prime pagine di tutti i giornali – e apprezzo la capacità di incarnarsi nel quotidiano da parte di una certa produzione artistica .
Ma, soprattutto, quello che amo in Cattelan è la sua capacità di trasformarsi in antidoto contro un veleno molto comune: quello che fa fare la fine del critico aristocratico. Un atteggiamento che ha già fatto troppe vittime illustri e non possiamo permettercene altre.
Scritto da Enrica Murru