In vita sua John Colpitts avrebbe potuto pubblicare anche solo un album come “Play What they Want” e già in molti lo ricorderemmo per sempre. Basterebbero quei cinque pezzi (di cui tre quasi di dieci minuti) in perenne oscillazione tra groove fisici e circolari, improvvisazione iperesplorativa e allucinazioni melodiche per farci prendere atto che è possibile dire tutto (o quasi tutto) in un unico disco. Ma è evidente che per dare forma a una suite/tour de force celestiale come “Twin Torches” assieme a sua maestà Laurie Anderson, non puoi essere esattamente guidato dalla sola ispirazione dell’esordiente. Ci vuole la visione dell’esperienza.
Magari devi essere il batterista di una delle band più importanti (forse “la” più importante, almeno nei Duemila) uscite dall’underground newyorchese degli ultimi venti anni, devi avere un cv di tutto rispetto con collaborazioni insieme a uomini venuti dallo spazio e altri newyorchesi visionari almeno quanto te (leggetevi qui dell’incontro con i White Hills), e soprattutto devi avere abbastanza chiaro tanto il concetto di avanguardia quanto quello di DIY per continuare a diffondere il verbo psichedelico senza smettere di essere un pioniere.
All’anagrafe John Colpitts – per gli amici Kid Millions – Man Forever è quindi anche il mitico batterista degli Oneida, formazione che dal vivo continua ad avere pochi rivali nel trasformare l’impatto fisico – potentissimo – dell’esperienza live in qualcosa di cerebrale e immanente. Colpitts torna a Roma senza band dopo diversi anni di assenza, col suo sguardo genialoide e una serie di album in studio all’attivo, lasciandoci già la certezza di un live che le nostre orecchie faticheranno a dimenticare.
Scritto da Chiara Colli