Dentro il catalogo Posh Isolation c’è una grandinata di nomi a cui è difficile stare dietro, sia per quantità di materiale sfornato, sia perché – spesso e volentieri – sono i soliti noti che si travestono e trasformano (relativamente) dietro diversi alias. Insomma, quel che accadeva nell’epoca d’oro del noise duro e puro di una decina e rotti d’anni fa, viene replicato qui. Come, però, accade, spesso ci si perde, e basterebbe concentrarsi sulle colonne portanti. Cosa che, in casa Posh, fa rima con Puce Mary.
Danese di Copenhagen, ha fatto parecchia strada dal debutto con un bell’album assieme a Loke Rahbek nel 2010, intersecando il lato più futurista dell’industrial con pulsioni noise solo raramente aggressive, droni e un catalogo sonoro che esprime il suo lato più cerebrale in cuffia. Ascoltare tanto i suoi album da solista – con vetta più alta nello splendido “The Drought”, uscito su Pan l’anno scorso – quanto quelli collaborativi – il progetto JH1.FS3 e Body Sculptures, con artisti del calibro di Varg e Croatian Amor – è una vera e propria discesa in un mondo ovattato e lontano.
Il discorso cambia quando ve la trovate davanti dal vivo, dove vi stordisce con una caterva impressionante di bordate ottundenti, urla come se si fosse all’inferno, cavalcate di suono densissimo e granuloso come nemmeno a un concerto metal. E infatti è stata scelta dai Sunn O))) come apertura per il loro recente tour europeo. Rumore sia.
Scritto da Kyösti Vainio