La colonna sonora perfetta per i racconti visionari di Philip K. Dick, la linea di confine tra sogno e incubo, l’elettroacustica come forma di mutazione perpetua del suono da concreto ad astratto. Un limbo tra estasi e inferno che incrocia e confonde l’avanguardia sonora con metafore e riferimenti visivi e letterari (da Hieronymus Bosch alla fantascienza di Lovecraft e Dick), quello di Valerio Tricoli – tra i più avventurosi esponenti “di punta” della ricerca e sperimentazione radicale italiana. Una figura che ha attraversato l’underground italico dalle gesta epiche dei 3/4HadBeenEliminated, supergruppo ormai mitico dedito a improvvisazione, composizione elettroacustica e sensibilità avant-rock condiviso con Stefano Pilia e Claudio Rocchetti, fino alle mille collaborazioni e l’affinità elettiva con Bill Kouligas e la sua prestigiosa PAN, che ha pubblicato una buona parte dei suoi dischi.
Con il compositore palermitano, che a Roma manca da qualche tempo (la sua casa ormai è Berlino), aspettatevi un live straniante e imprevedibile a base di strumenti elettronici in gran parte analogici (registratori a bobine, sintetizzatore, altoparlanti, microfoni) che privilegia il rapporto multiplo e biunivoco tra il performer, il dispositivo e lo spazio in cui ha luogo l’evento. Un set in cui campionamenti ed editing avvengono in tempo reale, profondamente suonato e improvvisativo, dove però è in primo luogo l’orizzonte immaginifico, il potere visionario, mutante, inquieto del suono a definire le coordinate della dimensione live. Un equilibrio perfetto tra fisico e cerebrale, futuro e memoria, in cui la percezione e lo stato d’animo dell’ascoltatore e il silenzio assoluto della sala sono variabili fondamentali per il compimento della catarsi.
Scritto da Olivia Rumori