La Fondazione Giangiacomo Feltrinelli è un colosso di vetro e cemento a forma di stendipanni, un pugno ben assestato in faccia all’orizzonte cittadino che da qualche anno ha preso forma prolungando la sede di una celebre multinazionale informatica, armonizzando antichi spazi al contorno milanese. Un corpo di tali dimensioni potrebbe essere descritto come un disgregatore naturale: si inserisce brutalmente in un contesto e lo perturba in maniera irrevocabile, modificandone la stessa linea dell’orizzonte. Certo, l’orizzonte in questione è in mutazione costante da almeno un ventennio, tanto che sorge il dubbio che sia chi resiste alla tentazione cementifera il vero perturbatore, eppure è proprio intorno all’ambiguità dei disturbatori naturali che si intreccia la rassegna musicale di questo autunno in casa Feltrinelli.
Un anno fa fu Teho Teardo a presentarci il suo “Dictionary of Sound”, questa volta tocca a un personaggio che disgrega la natura della musica da una vita: Lee Ranaldo. “Natural disruptors” è un ciclo in tre tappe ideato dal chitarrista dei Sonic Youth per indagare i processi trasformativi nella musica di oggi. Tre appuntamenti molto diversi l’uno dall’altro, in cui generi ed etichette non trovano alcuno spazio; basti guardare già solo la serata inaugurale, l’unica con due ospiti. Da una parte l’arpista Mary Lattimore, che ondeggia tra la musica contemporanea, l’ambient e l’underground più oscuro; dall’altra lo scienziato pazzo Yuri Landman, costruttore di strumenti autoprodotti con materiali di recupero, tra legno, telefoni, bambole e hard disk, con i quali dà vita a concerti lo-fi.
La natura di questa abbinata può lasciare turbati, ma beh, è il suo scopo. Specie se consideriamo che la rassegna prosegue con due incontri altrettanto estemporanei, quello tra il liutista greco George Xylouris e il batterista dei Dirty Three Jim White, riuniti nel duo folk Xylouris White, e quello tra lo stesso Lee Ranaldo e l’artista multimediale Leah Singer, in una performance che mischia le immagini in movimento con il bordone di una chitarra sospesa. La sensazione finale, dice lo stesso curatore, potrebbe lasciare sorpresi, persino «fornire indicazioni per uno o più futuri possibili, forse per una stella lontana».
Scritto da Filip J Cauz