Il 2019 è stato un anno così denso per quanto riguarda le uscite discografiche in bilico tra rap e cantautorato -. ormai le due cose, piaccia o meno, si mescolano, sovrappongono e influenzano a vicenda – che un disco di pregio e spessore come “Iodegradabile” di Willie Peyote pare esser passato un po’ in sordina.
Non certo per demerito del solito Willie, arguto e agguerrito: nonostante l’approdo su major (si tratta del primo album uscito per Virgin Records), il Peyote non ha cambiato di una virgola la sua poetica e la sua attitudine, tanto che l’ultimo lavoro pare iniziare esattamente dove finiva il precedente “Sindrome di Tôret” – e nel frattempo ha incasellato anche due cover d’autore per i dischi-tributo a Faber e a “Microchip Emozionale” dei Subsonica, peraltro distinguendosi in positivo.
La mancanza di un vero e proprio “colpo di scena” e, volendo, l’assenza di un singolo trascinatore, sono forse le uniche pecche tra le righe del “solito” audio-libro del fu Guglielmo Bruno, una sorta di concept album sull’obsolescenza pianificata: non solo degli oggetti, ma anche dei sentimenti e dell’arte. Alternando groove e momenti più hardcore, mescolando il tutto con un piglio da pungente stand up comedian, Willie si è affidato ai produttori di fiducia e porterà in giro l’ormai rodata live band: decidete voi se si tratta di “garanzia” o di “usato sicuro”. Io dico comunque “avercene”, come l’irrinunciabile amaro della casa al bar di zona.
Scritto da Lorenzo Giannetti