Vongole che emettono variazioni microtonali, oggetti robotici che trasformano le radiazioni wireless in percussioni ritmiche, antenne paraboliche che come cigni galleggiano in uno stagno e un ammasso di muschio che respira: l’ecosistema tecnologico Marco Barotti è una metafora dell’impatto antropogenico sul pianeta. Artista multimediale pluripremiato, ma mai esposto finora in Italia, arriva per la prima volta a Bologna grazie a Resilienze Festival, l’evento di Kilowatt che si occupa di grandi trasformazione planetarie. Dal 9 al 12 settembre le sue opere saranno l’anello di congiunzione perfetto per riconnettersi ai Legami invisibili, tema di una quinta edizione iniziata in piena pandemia a settembre 2020 e sviluppatasi in tre atti denominati la semina (settembre 2020), coltivare con cura (un calendario di appuntamenti online da novembre 2020 ad aprile 2021) e il raccolto.
L’arte è ancora una volta per Resilienze il mezzo per comprendere ed esplorare quelle relazioni spesso nascoste ma necessarie all’equilibrio di un’ecosistema sempre più fragile.
La retrospettiva dedicata a Barotti incrocia anche la partnership con Ars Electronica, festival e piattaforma di riflessione sul futuro nato a Linz sull’incontro tra arte, tecnologia e società. L’evento è ospitato dalle Serre in occasione della presentazione di Data Tour D’Italie, network e progetto nazionale di artisti e centri di ricerca curato da Federico Bomba (Sineglossa) e Filippo Rosati (Umanesimo Artificiale) per raccontare, attraverso i dati, l’Italia e le grandi sfide ecologiche che ci troviamo ad affrontare. Così, ad esempio, nella performance che mette insieme i risultati di alcuni artisti che hanno lavorato per raccogliere, interpretare e visualizzare i dati derivanti dalle ultime ricerche legate a specifiche tematiche ambientali: inquinamento dell’aria (Marco Barotti), scioglimento dei ghiacci (NEUNAU), microplastiche marine (Giovanni Muzio), cambiamenti di pioggia e vento (Emanuele Balia e Marcello Cualbu).
Dalla musica all’illustrazione, passando per la realtà virtuale e il cinema, fino alle installazioni multimediali, sono molti i linguaggi e i punti di vista inediti che aiuteranno il pubblico del festival a orientarsi nella complessità e proiettarsi in un futuro positivo e desiderabile.
Tra le mostre che rimarranno per tutta la durata del festival ci sono anche Parlo Acqua, una collettiva itinerante di opere illustrate pensata come strumento di informazione, educazione e stupore attorno al tema dell’acqua; la seconda edizione di Design Antidoto con l’esposizione di alcuni progetti in grado di mostrare il design come strumento utile ad affrontare le sfide della contemporaneità; e lo spazio immersivo curato da Sara Tirelli dedicato alle nuove tecnologie e alla realtà virtuale.
L’attenzione ai cambiamenti climatici e ai sottili equilibri ecosistemici torna poi nel bellissimo documentario macedone Honeyland, diretto da Tamara Kotevska e Ljubomir Stefanov o nelle fotografie raccolte dal collettivo FADA che, dal Mali all’Iraq, passando per il Senegal, il Burkina Faso e il Libano, ci fa sentire la voce di giovani attiviste e attivisti che lottano per sensibilizzare la popolazione locale e l’opinione pubblica sulla crisi climatica (Una finestra sul mondo che cambia).
Neanche a dirlo, sono tanti gli incontri con scienziati, filosofi e giornalisti che popolano ogni giorno il calendario tra cui anche una riflessione sul futuro dell’Amazzonia e dei suoi popoli custodi con un leader indigeno, Atucà Guaranì, per la prima volta a Bologna (11 settembre).
Se si parla di riconnessione con la natura non può ovviamente mancare la pratica meditativa, l’11 settembre con Tiziano Fratus e il 12 con Daniel Lumera. E, infine, tra i live, la performance multimediale sull’arcipelago delle Svalbard, The Land Where Nobody Dies con Blind Cave Salamander e Omar Bovenzi (visual), l’elettro-acustica di Attila Favarelli ed Enrico Malatesta, la presentazione del disco Contact di Alberto Pizzo e Roberto Pugliese per pianoforte, musica elettronica e video proiezioni e l’incontro tra musica e disegno con Stefano Ricci ed Emilio Varrà.
Scritto da Salvatore Papa