Daniel Veronese porta in scena 8 dei 23 racconti del celebre scrittore David Foster Wallace. Ecco che Brevi interviste con uomini schifosi prende vita sul palcoscenico grazie a due grandi attori quali: Lino Musella e Paolo Mazzarelli.
Un titolo, più significati, ma il concetto di fondo sempre lo stesso, quanto può far schifo una persona? O meglio, quanto può non rendersi conto qualcuno di far ribrezzo?
Ovviamente ci si riferisce sempre ad un rapporto, non si può essere schifosi da soli ma solo quando c’è un altr* con cui ci si confronta. Ecco, quindi, che sul palco prendono vita gli otto dialoghi, uno di seguito all’altro, in un succedersi di risate amare e tuttavia sincere. I due attori, alternandosi tra parti femminili e maschili, recitano senza esagerazioni, senza strafare, restando semplici e quindi veri. Tra frasi come “Vedo più fica io che un water” o “me ne vado perché tu pensi che io ti voglio lasciare” o “sembra che l’orgasmo femminile l’abbiano inventato gli uomini” veniamo trasportati in questi mondi paralleli che piano piano ci rendiamo conto di aver vissuto. Quanti tra il pubblico avranno pensato, questo io l’ho provato! E quanti avranno invece pensato, in un atto di totale onestà con sé stessi, cavoli, questo sono io! E tra la lista dei ce l’ho, o mi manca resta il dubbio che sì questi uomini rappresentati lì, sul palcoscenico, sono terribili ma forse, in fondo, lo siamo un po’ tutti. Il teatro però, in questo caso volutamente, mostra una sola faccia della medaglia.
È con questi pensieri in testa che arrivo a casa a fine serata e con gli stessi pensieri mi sveglio il mattino dopo, allora capisco, il teatro ha vinto! Quando uno spettacolo riesce a smuoverti, a lasciarti delle domande e a volte a rispondere a qualcuna allora è uno spettacolo necessario. A volte non servono grandi scenografie, compagnie mastodontiche o testi complicati per affascinare, bastano delle sedie, un copione, due attori e un tavolo e questo è il teatro, per dirla alla Peter Brook: per dare inizio ad un’azione teatrale basta uno spazio vuoto, un uomo che lo attraversa e un altro che lo osserva. Così fa lo spettacolo di Veronese, mette in scena la semplicità, con un testo vero, amaro e divertente che porta lo spettatore a riflettere.
Scritto da Francesca Rigato