Questa lettera sul pagliaccio morto nasce da un’idea lontana, di quasi sette anni fa, quando Davide Pascarella, regista e drammaturgo di questo testo, lesse una notizia che lo colpì su un uomo che portava una bici sottobraccio e venne investito da un treno in un passaggio a livello. Uno spunto di cronaca per costruire uno spettacolo poetico ed affascinante.
Questa lettera sul pagliaccio morto ha sulle sue spalle tante persone tra cui Eva, Chiara, Gabriella, Claudia e in particolare Davide. Spesso quando si va a teatro, ad un concerto, ad un evento ci si sofferma a guardare quello che viene presentato, e forse è giusto così, ma cosa c’è dietro tutto questo? Dietro il prodotto? Ci sono mani, sudore, studio, anni di studio e soprattutto persone. Ho avuto l’occasione di poter parlare con Davide e vorrei riportare in poche righe quello che mi ha trasmesso. Davide è una persona sincera, si capisce subito che è così come si presenta, non mente, non nasconde niente e non finge, così le sue parole mi raccontano quanto sia appassionato di teatro, quanto sia disponibile e aperto all’incontro e all’ascolto. Alla mia domanda “a cosa serve il tuo teatro?” La sua risposta non poteva che essere: “serve ad emozionarsi e a piangere”, infatti è un teatro puro, narrativo, pieno di emozioni sottili, non urlate ai quattro venti ma spesso sottintese.
“Vorrei raccontare una storia emozionante che come un granello di sabbia possa entrare in una conchiglia e diventare una perla, ecco che avviene il cambiamento. Alla fine, il teatro è uno dei pochi posti dove si è ancora lì entrambi, attori e pubblico, è proprio questa la sua bellezza”.
Così si presenta anche il suo testo, una storia di una macchinista, interpretata da Eva Meskhi, e un pagliaccio che è andato incontro al suo destino scegliendo di finirla lì, su quel binario. Ad Eva il compito di narrare la vita di Zebbo Brkyglash, il pagliaccio morto. Un racconto di luci e ombre ci porta in questo doppio mondo, quello dei ricordi, quindi delle ombre e quello della macchinista guidato dalla luce. Un inizio stravolgente e poetico ci fa conoscere un mondo nomade e solitario. Il punto di forza di questo spettacolo è a volte la sua stessa criticità cioè quella di dare mille spunti diversi allo spettatore e a volte abbandonarli o approfondirli a singhiozzo. La storia tra Zeppo e Mike, il discorso sulle madri, il riferimento a Chernobyl fino alla citazione di Francesco De Gregori sono linee a volte tracciate a volte sospese che indicano un’atmosfera di cui a volte si perde il filo conduttore. In tutto questo però, a fare da collante c’è Chiara Dello Iacovo, nella sua postazione a lato del palco, che crea un tappeto sonoro incantato e dialogante con la scena. Un esordio degno di nota quello di Pascarella al Teatro i, un inizio che incuriosirà per parecchio tempo la scena del teatro italiano e che ci porterà ancora a vedere i suoi spettacoli soprattutto perché il suo scopo con il teatro è quello di: “indurre un cambiamento attraverso il racconto, attraverso la narrazione di una storia”.
Scritto da Francesca Rigato