C’è un tratto significativo, alla base della costruzione identitaria italiana, che è teso all’esaltazione di un passato classico e dei suoi fasti gloriosi. Un tratto che prescinde dalla lettura della storia. Una presenza. Una sorta di figura, sempre prestante, che si allena nella palestra delle narrazioni ufficiali. Un culturista delle tradizioni. Una specie di monumento perennemente lucidato e bisognoso di “restauri”.
I lavori proposti in questa mostra realizzata da Daniele Spanò e Salvo Lombardo, facente parte del più ampio progetto coreografico “AMOЯ”, si pongono come un’interrogazione del vasto archivio della nostra cultura d’appartenenza, che contiene immagini e immaginari tra culture istituzionali e popolari, danza, rappresentazioni museali o della storia dell’arte, cinema, pubblicità, prodotti di consumo, videoclip musicali. Il cuore del lavoro è la presunta definizione dell’identità di “italiani”, le cui stratificazioni culturali transitate fino a oggi non possono che essere ri-negoziate, fra narrazioni egemoniche e popolari o subalterne, nel tentativo di decostruire un immaginario stratificato nel tempo.
Le visioni che tentano di dare corpo all’idea di nazione sono da sempre state legate a una rete di appartenenze più estesa e globalizzata nella quale oggi si riaccendono i nuovi focolai di razzismo, sessismo e micro-nazionalismi. In questo senso il progetto “Wasn’t Built in a Day” si posiziona come rovesciamento di quell’archivio di immagini di una nazione fatta a pezzi dal sentimento nostalgico e anacronistico di sé stessa vista allo specchio.
Scritto da LR