Era il 2010 quando, evento speciale della rassegna “GEZZ – Generazione Jazz” dedicata alle nuove proposte del jazz italiano, il Roma Jazz Festival presentò al pubblico del Parco della Musica un giovane pianista armeno poco più che ventenne, Tigran Hamasyan, in un concerto in solo.

Aveva già inciso tre dischi, il primo appena diciottenne, ma la notorietà non arrivò che l’anno successivo con “A Fable” per solo piano, prima sua uscita su Verve, storica etichetta attiva dalla metà degli anni cinquanta che aveva pubblicato i dischi dei più grandi nomi del jazz mondiale, da Charlie Parker a Bill Evans, da Billie Holiday a Stan Gets. Lo stile era già influenzato dal jazz americano, ma era la tradizione medio orientale ad avere un ruolo centrale, con il folk armeno in primo piano. Melodie folk che resteranno sempre presenti nel suono di Hamasyan, sia nelle improvvisazioni che nelle rivisitazioni di classici immortali.

È di un paio di mesi fa il suo primo disco di standard americani, jazz e non solo. “StandArt”, uscito su Nonesuch, riunisce una serie di canzoni che vanno dagli anni venti ai cinquanta, da “Big Foot” di Charlie Parker a “All the Things You Are” di Jerome Kern, famosissima nelle interpretazioni, fra le tante, di Frank Sinatra e Ella Fitzgerald. Un disco che vede come ospiti speciali i sassofonisti Joshua Redman e Mark Turner, oltre al trombettista Ambrose Akinmusire, che vedremo sempre alla Casa del Jazz solo ventiquattro ore prima. “StandArt” verrà presentato questa sera in trio: a dividere il palco con Tigran Hamasyan, Matt Brewer al contrabbasso e Damion Reid alla batteria, affiatata sezione ritmica, insieme anche nel trio di Steve Lehman.