Mi piace pensare che il lavoro di Giuseppe Penone sia tutto contenuto (in potenza) in quel capolavoro che è l'”Apollo e Dafne” di Bernini, scolpito circa quattro secoli prima della nascita dell’artista di Garessio. Un movimento unico che racchiude in sé tre mondi: quello umano dei due protagonisti; quello vegetale, che racconta della trasformazione della ninfa inseguita dal dio del sole; quello minerale, del marmo lavorato dallo scultore barocco.
La mostra, a cura di Francesco Stocchi, riprende idealmente questo dialogo tra regni, portando le opere di Penone nate dalla “fusione” di pietra e vegetazione nel Salone di Mariano Rossi, nella Sala di Apollo e Dafne (per l’appunto), nella Sala degli Imperatori e in quella di Enea e Anchise; mentre nel Giardino dell’Uccelliera, ed eccezionalmente nel Giardino della Meridiana, saranno esposti lavori in bronzo, con il focus che si sposterà verso l’universo dei metalli. Non solo dialogo tra passato e presente, tra la collezione e le opere temporaneamente esposte, ma anche tra la Galleria Borghese e il parco che la circonda, sempre grazie al ruolo centrale che la natura tout court continua ad avere nella produzione di Penone. Un’altra iniziativa da applausi della Galleria Borghese, che dimostra di sapersi muovere sempre bene quando si affaccia sul contemporaneo.
Scritto da Nicola Gerundino