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lun 06.11 2023

Launch Party: Sali e Tabacchi Journal Riv N° 04

Dove

Trattoria Bel Belé
Via dell'Aprica 10, Milano

Quando

lunedì 06 novembre 2023
H 19:00 - 23:00

Quanto

free

Cos’hanno in comune le pitture rupestri della Grotta dei Cervi in Salento e La nostra storia di Raffaello, pezzone neomelodico di un piccolo simbolo partenopeo scritta da Rosario Armani? Niente direte voi – e non avrete tutti i torti. Quel che la Grotta dei Cervi di Porto Badisco – il complesso pittorico più imponente del neolitico (tra il 4000 e il 3000 a.C.) – e una canzone neomelodica di poco successo nazionale ma altamente eccitante a livello locale (so questo per esperienza, così come so per esperienza che dall’anno scorso la vera hit è TU TU TU… TA TA TA di Kekko Dany, brano che una volta ascoltato si rassoda nelle alcove più profonde del cervello sino a punzecchiare l’inconscio, condannato a ricordare per l’eternità il ritornello) è il fenomeno della narrazione che si vuole “folkloristica”.

In altri termini il limine infinitesimale in cui queste due storie distantissime arrivano a sfiorarsi, come due linee parallele proiettate all’infinito, è un’identità territoriale, laddove questa sostiene, compone e ricombina passato e presente con l’ostinato, dovuto e umanissimo intento di dar senso ai luoghi. Ci spingeremo addirittura a citare un brandello di Handke, che ci sta bene in questo contesto: direttamente dal Poema sulla durata, Peter scrive che «Nel silenzio di questi laghi / so cosa faccio / e sapendo cosa faccio / so chi sono». Peter si sofferma sui luoghi piccoli, alcove delle appropriatezze come radure o laghetti, dove a suo dire si pensa meglio che altrove (nel senso di avere respiro maggiore per immaginare e per ragionare). Così, diremo noi, tanto la “Cappella Sistina della Preistoria” con la sua caccia ai cervi quanto il «Bambola!» soffuso da Raffaello sono fenomeni umani di paragonabile rispetto, degni di interesse antropologico, filosofico e letterario per il semplicissimo fatto di esistere ed essere, seppur su piani diversi, annodati alla vita e ai suoi vissuti: luoghi, certo non per tutti ma sicuramente non per nessuno.

Ecco a voi quindi un preludio a due articoli e reportage fotografici che troverete nell’ultimo numero di Sali e Tabacchi, rivista felicemente attenta alla scoperta e al racconto dei luoghi e di chi li abita – felicemente, perché quando sembra che non ci sia più nulla di cui stupirsi (sentimento notoriamente votato al ribasso, che si nutre incessantemente di presunzioni e disattenzioni) ecco che se ne esce con una storia rimarchevole, di quelle che slamano i sentimenti di pancia.

La vocazione di Sali è nota: è sì quella delle etnografie e delle geografie, ma delle geografie immaginarie e delle etnografie narrative. Perché se si sa che quel che reca la mappa, la cartografia, è uno strano connubio tra osservazione e invenzione segnica, tra l’astrazione innata della geometria e l’omologia tra linguaggio e realtà (paesaggio, in questo caso), immaginare altre geografie significa cambiare la postura sui paesaggi e i luoghi. E allora sì: la geografia è una pratica cognitiva e immaginativa, e non esiste paesaggio senza che qualcuno se lo inventi, ruminandone le immagini fino a poter pensare altrimenti la terra su cui posano i piedi, gli occhi e le orecchie.

A proposito di orecchie, il tema del numero di questo 2023 è “VOCE”. La voce che racconta da tempo immemore le storie di quel che si vede e si sente, le vite infinite di quei «bardi, poeti, artisti, santi e mistici leggendari [che] sapevano che il loro compito era quello di canalizzare le storie di animali, piante e pietre». Per farvi degli esempi terra terra: quanti hanno imparato da proverbi o filastrocche o canzoncine o addirittura piccoli miti a conoscere i propri luoghi? Nelle memorie storiche e collettive ci sono perlopiù racconti, racconti di questo tipo.

Ruberemo quindi – di nuovo – parole parafrasate a un autore fondamentale sul tema che ci arriva da fine Ottocento: Victor Segalen. Viaggiatore compulsivo, etnografo e scrittore, si trovò tanto affranto dall’appiattimento delle variegatezze culturali all’inizio della modernità globalizzata che s’inventò popoli e isole, ma soprattutto ripensò la nozione di esotismo come un orizzonte della facoltà immaginativa: saper pensare altrimenti lo spazio e il tempo, poiché è soltanto nella differenza, nello stupore, che si può pensare a qualche cosa. In questi termini, è vero che Sali e Tabacchi fa ottima pratica di esotismo in qualcosa in più di 150pp.

PS: la collaborazione con L’altro Tramezzino farà sì che ci saranno tramezzini dedicati appositamente, e pure dj set. Ma per ora vi si lascia con Raffaello:

Scritto da Piergiorgio Caserini