Storia assurda quella di Willis Earl Beal. E molto americana. Figlio della strada, lavoratore saltuario, nero, per periodi anche barbone, voce incredibile e indole artistica a 360 gradi, tant’è che non viene notato per la sua musica, ma per dei disegni, simili a flyer, che lasciava un po’ ovunque ad Albuquerque. Qualcuno si accorge di lui, la XL lo mette sotto contratto ed eccolo in tour per tutto il Mondo. È un songwriter che ha una presenza sul palco potentissima – ricorda un po’ Eugene Robinson degli Oxbow, ma non si presenta in canotta e mutande. Ancora non ha fatto il botto vero perché i suoi dischi zoppicano un po’, più per bulimia creativa che per mancanza di qualità. La prima volta che ascoltai la sua Away My Silent Lover fu come vedere una galassia formarsi in diretta: spero stasera di vederlo creare il resto dell’Universo.
Scritto da Nicola Gerundino