Il primo ricordo che ho delle CocoRosie è nitido e affilato come un flash nella memoria: una puntata di Brand:New, l’iconico show di MTV condotto da Massimo Coppola. Il brano era God Has a Voice, She Speaks Through Me. Era qualcosa di completamente diverso da tutto il resto. Dio, in quella canzone, era una lei. E io ci credevo.
Dopo anni di silenzio, le sorelle Bianca Leilani e Sierra Rose Casady — meglio conosciute come Coco (Bianca) e Rosie (Sierra) — tornano finalmente in Italia, accompagnate dal nuovo album Little Death Wishes con un tour europeo che farà tappa in diverse città italiane, tra cui Trieste, Roma, Genova e Castelbuono. Un ritorno atteso, carico di mistero e memoria, come tutto quello che le riguarda. E se è vero che la loro musica sembra arrivare da un altrove onirico e infantile, la loro storia personale è altrettanto sospesa tra poesia e destino.
CocoRosie nasce ufficialmente nel 2003, ma la loro storia è cominciata molto prima — e in modo fratturato. Figlie di una madre artista di origini Cherokee e siriane e di un padre seguace del peyotismo e insegnante nelle scuole Steiner, le due sorelle hanno vissuto un’infanzia errante tra spostamenti compulsivi, riserve native, e ambienti alternativi. Dopo il divorzio dei genitori, Bianca e Sierra si separano. Sierra, la maggiore, viene mandata in collegio dal padre a soli 14 anni. Da quel momento, per quasi dieci anni, le due perdono completamente i contatti. Nel 2000, Sierra si trasferisce a Parigi per studiare canto lirico. Tre anni dopo, Bianca, che nel frattempo ha studiato linguistica e sociologia a Brooklyn — frequentando le feste Kill Whitey e sperimentando con poesia, tatuaggi e arte visiva — decide di intraprendere un viaggio che la porterà a bussare alla porta della sorella. Si rincontrano così, nel minuscolo appartamento parigino di Montmartre, e qualcosa accade.
La leggenda narra che, per due mesi, le sorelle abbiano registrato musica quasi esclusivamente nel bagno dell’appartamento, per via della buona acustica. Nascono così i loro primi lavori: un album hip-hop mai pubblicato (Word to the Crow) e il loro esordio vero e proprio, La Maison de Mon Rêve, realizzato con strumenti-giocattolo comprati nel quartiere. Doveva restare un album per pochi amici. Invece, finì nelle mani giuste: quelle del produttore Corey Rusk, che lo pubblicò con l’etichetta indipendente Touch & Go nel 2004.
Da quel momento, le CocoRosie non si sono più lasciate. Il loro sound è un ibrido magico e perturbante: rap, elettronica, folk, lirica, glitch, giocattoli sonori, spoken word. Un caos coerente, figlio delle vite che hanno vissuto: Sierra porta l’opera, Bianca la strada, insieme creano un linguaggio. I loro brani parlano di identità fluide, di spiritualità queer, di morte, natura e infanzia. Sempre in bilico tra sacro e profano, tra preghiera e provocazione.
Il ritorno in Italia, dopo molti anni, è più di una data di tour: è un piccolo rito collettivo. Per chi, come me, le ha scoperte da adolescente attraverso MTV, le CocoRosie sono state e restano una via di fuga per chi ha sempre cercato un altrove.
Scritto da Francesca D'Amora