Se dovessimo collocare gli Yin Yin su una mappa, probabilmente li troveremmo sospesi tra i Paesi Bassi, da dove provengono, e il Sud-Est Asiatico, in un luogo dove convivono le atmosfere funk e psych, cinesi e giapponesi, degli anni ’60 e ’70. I richiami a quelle culture sono tanti: le copertine, i titoli dei brani, persino il nome della band, sono tutti elementi che traggono ispirazione dall’Estremo Oriente.
In scena, si inseriscono in una corrente più ampia, (ri)nata con i texani Khruangbin nei primi anni 2010 e proseguita con altri gruppi come Glass Beams o Altin Gün, gruppi occidentali che, a modo proprio, hanno rispettivamente esplorato le tradizioni musicali di Thailandia, India, Turchia.
Attivi dal 2018, gli Yin Yin si distinguono per l’utilizzo di sintetizzatori d’epoca e strumenti a corde tradizionali come il guzheng, mescolando groove psichedelici e ritmi esotici in una fusione che apre nuove possibilità musicali. Il risultato è un mondo capovolto, dove i conigli inseguono le tigri e si balla senza sosta.
Scritto da Aureliano Petrucci