Quello con Joshua Redman è sempre stato uno degli appuntamenti fissi per gli appassionati di jazz che frequentano l’Auditorium del Parco della Musica, questo almeno fino al 2019 quando si presentò alla guida di un trio composto da Reuben Rogers al contrabbasso e Gregory Hutchinson alla batteria. Dopo di allora, complice il covid con i suoi effetti sui tour internazionali, non lo abbiamo più visto sui nostri palchi, motivo in più per accogliere con interesse il suo ritorno in quartetto per una delle ultime serate del festival estivo della Casa del Jazz, dove oltre dieci anni fa si era già esibito come ospite speciale dei Bad Plus.

Figlio d’arte – il padre, Dewey, anche lui sassofonista, ha suonato con Ornette Coleman, Keith Jarrett, Don Cherry e Charlie Haden – Joshua Redman è considerato uno dei grandi interpreti del sax tenore, strumento per il quale lo scorso anno ha vinto il premio indetto dall’Associazione dei giornalisti jazz statunitensi. Dieci nomination ai Grammy, collaborazioni che spaziano da Jack DeJohnette a Pat Metheny, fino a Quincy Jones e i Rolling Stones, Redman debuttò come band leader nel 1993 con “Wish”, seguito l’anno successivo da “MoodSwing”, che lo vedeva alla guida di un quartetto di giovani promesse: il pianista Brad Mehldau, il bassista Christian McBride ed il batterista Brian Blade. Un quartetto che si sarebbe riformato dopo quasi trent’anni pubblicando “RoundAgain” nel 2020 e “LongGone” nel 2022. Oggi, dopo aver esordito due anni fa su Blue Note, presenta “Words Fall Short”, album uscito lo scorso 20 giugno, con il suo nuovo quartetto nel quale è affiancato da Paul Cornish al piano, Philip Norris al contrabbasso e Nazir Ebo alla batteria.