Questo non è proprio un concerto. Pierre Berthet, belga, e Rie Nakajima, giapponese, lavorano con gli oggetti sonori. La giapponese costruisce dei piccoli strumenti cinetici, mossi da motorini o molle (funzionali, ma anche colorati e accattivanti alla vista) e li dissemina per lo spazio espositivo; il belga usa invece oggetti più grandi che possono essere pentole, frasche, aspirapolvere modificati, bastoni e quant’altro. Insieme creano un paesaggio sonoro fatto di vibrazioni, ticchettii, ronzii, fruscii, rumori di fondo che variano a seconda della posizione di fruizione, perché la performance sarà totalmente acustica. E non dimentichiamo che tutte le installazioni di questi artisti sono site-specific, loro con le stanze ci dialogano: sarà come se la sala di O’ diventasse viva e manifestasse tutte le pressioni e le microvibrazioni a cui è costantemente sottoposta una costruzione, quelle che a lungo andare causano le crepe.