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sab 17.12 2016 – dom 08.01 2017

Alessi IN-possible: Quando l'idea non è ancora prodotto

Dove

Museo permanente del Design - Triennale
Viale E. Alemagna 6, 20121 Milano

Quando

sabato 17 dicembre 2016 – domenica 08 gennaio 2017

Quanto

free

Ho visitato per la prima volta il museo Alessi quest’estate, stavo facendo un libro su una mostra tenuta durante il Fuorisalone. Il museo Alessi non è propriamente un museo, si entra nell’edificio progettato da Mendini a Omegna in un piccolo androne rettangolare con un’area di ricevimento e una scala a chiocciola, si sale e si arriva in una sala che è in realtà un grande disimpegno centrale che gestisce un lungo corridoio di distribuzione dei vari uffici. Qui è disposta una grande quantità di oggetti, praticamente tutta la produzione Alessi, vecchia e nuova, in un ambiente di dimensioni abbastanza ridotte, per cui le nuove serie sono disposte vicino ai classici, e le caratteristiche formali di molti pezzi differenti sono accostate creando assonanze e collisioni. Alla fine della stanza, sulla destra, si trova l’ufficio di Alberto Alessi. Prima di arrivare all’ufficio, sul muro perimetrale della zona espositiva, è esposta l’intera serie dei vasi commissionati nel 1992 da Mendini a 99 progettisti e prodotti da Tendentse, spin-off di Alessi per la produzione di ceramiche. 100 vasi per 100 pezzi ognuno. L’edificio è molto grande e non tutto il complesso è progettato da Alessandro Mendini. L’area disegnata dall’architetto milanese corrisponde al rinnovato ingresso aziendale e al negozio annesso e mette in relazione alcune zone più vecchie, che risalgono alla ALFRA (Alessi Fratelli), quando l’azienda del padre e dello zio di Alberto Alessi era specializzata nella produzione di oggetti per il settore alberghiero. Da una parte ci sono le officine Alessi, quelle con le alte finestre della celebre fotografia di Gianni Berengo Gardin che ritrae Castiglioni, Rossi, Mari e Mendini insieme ad Alberto Alessi. Dall’altra, un edificio industriale anch’esso con copertura a shed ma suddiviso in diversi piani. All’ultimo piano si trova l’archivio Alessi, un’imponente collezione di oltre 25.000 oggetti, quasi 20.000 disegni e fotografie opera di oltre 1000 designer, ordinatamente riposti in un sistema di armadi semovibili. L’archivio nasce nel 1992 e tiene traccia della produzione Alessi attraverso prototipi, esperimenti falliti e molti altri elaborati divenuti poi celebri o mai entrati in produzione. L’archivio nasce per volere di Alberto Alessi e tiene traccia di molti oggetti impossibili che compongono la mostra che inaugurerà in Triennale il giorno 16 dicembre, dopo una prima esposizione al Design Museum Holon in Israele e dopo che alcuni pezzi da quella selezione sono stati prestati per una mostra (Failures in Cascina Cuccagna, curata da Raumplan) lo scorso Aprile durante il Fuorisalone 2016. Alessi IN-possible muove da alcune considerazioni anomale rispetto alla consueta fruizione lineare dell’oggetto di design, che è solitamente esperito come oggetto concluso il cui processo ideativo e produttivo è fuori dall’interesse del cliente o consumatore. La mostra vuole dimostrare invece che la buona riuscita di un prodotto è il risultato di una complicata serie di avvenimenti, a seguito delle modifiche, degli aggiustamenti e dei compromessi che si susseguono nelle fasi intermedie di un processo di produzione che coinvolge molti attori e diverse relazioni.
Del resto in casa Alessi i fallimenti hanno sempre giocato un ruolo fondamentale tanto da consentire una vera agiografia del fallimento, almeno a giudicare dai risultati ottenuti in seguito ad alcuni (celebri) flop. Presentando la oramai famosissima serie di vasi già citati, prodotti da persone diversissime, Alberto Alessi commentò: «Vennero da me e fecero questa obiezione: perché vendere allo stesso prezzo un grande pittore come Walter De Maria, presente nei musei di mezzo mondo, e un indigeno africano che passa la vita a dipingere le capanne del suo villaggio e nessuno sa chi è? Caro dottor Alessi mi dia retta, lasci perdere, questa operazione è impossibile!»

Alessi d'après, Giò Pomodoro
Alessi d’après, Giò Pomodoro

E ancora un progetto veramente impossibile, tanto difficile da essere realmente fermato in azienda prima ancora che andasse sul mercato: Alessi d’aprés, un’operazione di ricerca con alcuni tratti apertamente utopici, estremamente interessante, che però il padre di Alberto Alessi bloccò prima della sua conclusione. La collezione era composta da vere e proprie opere d’arte prodotte con un processo industriale in serie illimitata, in aperto dialogo con il celebre testo di Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Un tentativo di rendere l’arte riproducibile infinitamente e accessibile come oggetto di consumo, i progettisti erano Pomodoro, Consagra, Cascella e Džamonia e Salvador Dalí. Di quest’ultimo rimangono in archivio straordinarie fotografie. O ancora le più celebri serie Tea & Coffee Piazza e Tea & Coffee Towers, più che operazioni altamente lucrative (la prima serie fu addirittura prodotta artigianalmente perché impossibile da produrre in serie) vere e proprie esperienze progettuali “ripetute ogni volta in cui si è sentita la necessità di aprire uno spazio “paradossale”, “a fianco dell’opinione comune”, ossia al di fuori di quelle regole che presiedono alla produzione industriale”, secondo il commento della curatrice del museo Francesca Appiani.

Alessi, Michael Graves, Tea&Coffee Piazza
Alessi, Michael Graves, tea&coffee piazza

Il principale elemento di interesse di Alessi. IN-possible risiede pertanto nel mettere in mostra gli oggetti per raccontarne le peculiarità, o meglio le verità nascoste, le imprevedibili conseguenze dei passi falsi che notoriamente caratterizzano il progetto e che, alle volte, non permettono di procedere oltre. Ognuno dei pezzi esposti, come del resto i pochi esempi qui riportati, racconta una storia che esiste indipendentemente dall’oggetto fisico ma che tramite il medesimo oggetto trova una forma di comunicazione immediata, capace di trascendere la stretta materialità e il finalismo che spesso attribuiamo agli oggetti di consumo, ed entrare invece in una dimensione dialettica più profonda e interessante che manifesta la natura fallibile della progettazione e il lato umano della merce che siamo soliti vedere negli scaffali dei negozi.

Scritto da Nicolò Ornaghi