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gio 16.03 2017

Discomfort Dispatch

Quando

giovedì 16 marzo 2017
H 19:30

Quanto

€ 3

Andare per concerti non è sempre l’esperienza che uno si aspetterebbe. Certo, si può uscire di casa, raggiungere il locale più vicino (o più lontano), fermarsi qualche ora per vedere una band più o meno pazzesca e tornare a casa più o meno soddisfatti. Può anche accadere però di vagare svariate ventine di minuti per Århus, Lubiana, Torino, Napoli o Nancy alla ricerca di un festival di cui si sa poco o nulla, raggiungere finalmente un capannone pieno di amianto nella zona industriale e assistere – dopo tanta fatica – a dodici ore di devastazione sonica e decostruzione totale di qualsiasi concetto e preconcetto legato all’idea di “musica” che ci si è fatti sino ad allora.

Ormai tre anni or sono venni in contatto con l’intricato e sgangherato mondo sotterraneo dei festival noise e impro. Da allora sono arrivato a conoscere realtà come il collettivo di musicisti e performer berlinesi che agiscono sotto il nome di Multiversal e Brain Pussyfication (a seconda che si parli dell’organizzazione o dell’etichetta), il collettivo noise francese dei Reaction Power Trio e i loro R.P.T. party, i Gravhund, trio danese responsabile della maggior parte dei ricoveri per acufene acuto e danni all’apparato uditivo sotto le spoglie dell’Århus international supernoise festival e della Den Jyske Harsh Noise Mafia. Queste sono solo alcune delle forme che una determinata intenzione e attitudine, comparabile in parte alle esperienze quali No Fun Fest, Olympia experimental music festival e How to destroy the universe festival, ha assunto per espandersi a mo’ di epidemia per tutta l’Europa e parte dell’Asia (qualcuno ha detto Japanoise?). Con nomi diversi e stesso spirito assistiamo oggi a tour europei che celebrano lo stesso amore per le frequenze estreme, i volumi mostruosi e le situazioni inverosimili. Con una certa propensione per la performatività musicale, il grottesco e, perché no, il ludico, musicisti e artisti che non si conoscono ancora vengono da tutta Europa per trovarsi e tentare di sincronizzare i loro linguaggi e le loro narrative musicali sul momento, in una sorta di tentativo di territorializzazione instantanea e fluida dello spazio sonoro. Se un esperimento scientifico è scientifico solo se è eseguito sotto condizioni controllate, questa è da sempre un tipo di sperimentazione anti-accademica, anti-scientifica e anti in generale. È un tipo di attitudine che porta avanti il suo credo autistico che recita più o meno così: Nessun compromesso. Nessun compromesso, mai.

Si dà il caso che questo tipo di virus peculiare per cui non c’è ancora una cura, dopo essere stato per anni entro poli conosciuti di cui Napoli, Roma e Torino solo solo tre degli esempi più eclatanti, arriverà a Bologna sotto le mentite spoglie di un festival dal titolo di Discomfort Dispatch. Se gli ingredienti sono diversi, come potrete immaginare, il modo di cucinare è lo stesso. Prendete Francesco Zedde, cellula impazzita di scuola Multiversal, CHMOD: collettivo bolognese amante dei suoni difficili e della ricerca a prescindere, un piccolo seminterrato in zona Pratello e musicisti come Davide Bartolomei, So Beast, Ivy, Nicola Tirabasso, Filippo Giuffré, Jade, Fuego e Valerio Maiolo. Mescolate tutto in un frullatore al massimo della potenza e otterrete questa piccola gemma dalle tendenze NO.

Forse sono io che sovrainterpreto e vedo troppe cose in festival del genere. È possibile. Ma, forse e solo forse, sono un occasione buona per confrontarsi in modo onesto e tranquillo su quello che di solito noi chiamiamo musica. In fondo si assiste a un gruppo di persone che non sanno bene quello che stanno facendo, ma per una volta, va bene così.

Come recita il festival: NO MUSIC, NO PARTY, NO LOVE

Scritto da Luigi Monteanni