Nessuno come David Eugene Edwards ha saputo restituire un senso al termine “messianico”: assistere a un live di Wovenhand – dal 2001 la sua creatura dopo l’implosione della precedente, i fondamentali 16 Horsepower – equivale a sentire la propria anima presa a calci dalla parola di Dio. Non importa quale sia il credo di chi ascolta, non importa se ce ne sia uno; ogni singolo spettatore verrà preso in ostaggio da un suono che sa essere ancora unico e irripetibile. L’anello di congiunzione tra blues, new wave, americana, gothic, punk, country, una terra di confine che manco nei romanzi di Cormac McCarthy è stata raccontata con altrettanto livido splendore, con altrettanto fervore mistico. Se dice bene, da qualche parte una cover di “Heart and soul in grado di far sorridere Ian Curtis ovunque si trovi in questo momento.
Ravenna è il posto preferito da David Eugene Edwards per officiare la messa cantata più persuasiva da quando è stato inventato l’amplificatore. Wovenhand sempre presenti sul territorio, frequentazioni che non smettono: Bronson, Hana-Bi, e non è mai abbastanza. Quella di oggi è la prossima stazione di una Via Crucis che vorremmo non finisse mai.