Omaggi e riscoperte sono armi a doppio taglio: se da una parte permettono di rivalutare il lavoro degli artisti, dall’altra possono dimostrare come diverse istanze della produzione contemporanea siano già state indagate o, per dirla con le parole dello stesso Tacchi, “verificate” almeno 40 anni fa e con esiti brillanti. Il titolo della mostra, con quell’articolo indeterminativo “Una”, è azzeccato: poche opere, suddivise per fasi temporali, una sorta di aperitivo a buffet che di tavolo in tavolo ingolosisce sempre più, dove scovare spunti e risultati sorprendenti come la pittura degli esordi, gli studi delle azioni performative(!!!), ma anche la documentazione fotografica e gli apparati, e che lascia la sensazione agrodolce di aver chiuso il pasto senza dessert, la sensazione che non tutto sia stato detto. Probabilmente perché si è inscatolato qualcosa che, in realtà, ancora scalpita.
Scritto da Giovanna Giannini Guazzugli