Kubrick aveva immaginato che la parola d’ordine fosse Fidelio, Eyes Wide Shut lo dovreste conoscere tutti. Brian De Palma in The Untouchables li popola di criminali locali dall’accento siciliano che tra un whiskey e l’altro facevano partire colpi di arma da fuoco. Stessa cosa per Sergio Leone, tanto che in C’era una volta in America
diventano luoghi di tortura e malaffare. Sono i club segreti, quei luoghi dove per entrare c’è bisogno di una parola d’ordine, una chiave, un invito. Chiamateli pure speak easy, quei luoghi che durante il Proibizionismo americano degli anni 20 smerciavano sottobanco whiskey che veniva servito in tazze da tè o latte per confondere in caso di sopralluoghi improvvisi delle guardie. Porte finte, accessi segreti, telefoni da chiamare, parole bisbigliate per non dare troppo nell’occhio e per non fare arrivare la voce all’esterno: questo voleva dire speak easy – parlare piano – e anche oggi l’idea vuol essere questa, anche se in alcuni casi rimaneggiata e un po’ abusata.
Locali segreti, conosciuti da tutti e in cui non tutti però possono accedere. Non solo speak easy nel senso stretto del termine – un locale del genere dovrebbe ricordare le atmosfere dei club a stelle e strisce del Proibizionismo e servire quasi esclusivamente whiskey -, ma anche club membership only dal sapore più internazionale e locali inaspettati che si trasformano in salette musicali. Un bere più rilassato, dove parlare con calma al bartender e farsi consigliare senza fretta, con prodotti premium e poche persone intorno (nella maggior parte dei casi) per godersi la serata fino a tarda notte.
Insomma, chiamateli come volete, in questa lista di locali entrate solo se invitati o se conoscete questi passaggi segreti. Come fare? In molti casi essere attivi bevitori ai banconi del bar fa di voi degli ottimi target da invitare nei secret bar della città. Alcuni consigli per non sembrare degli sprovveduti: non ordinate mai Virgin Mojito, fatevi trovare preparati su cocktail colonna come Old Fashioned, Sazerac, Martini e Boulevardier, ricordate che si scrive whiskey in Irlanda e Stati Uniti e whisky in Scozia e Canada, e la strada verso l’invito è meno ostica. Adesso, senza prendersi troppo sul serio, frequentare bevitori seriali e avere il brindisi facile potrà facilitarvi le cose. Come noi che ormai confondiamo le chiavi di casa con quelle dei bar, la password dell’email con quella degli speak easy di Milano, il codice Iban con quello per entrare in questi locali. Scatta la caccia all’invito, ma non ditelo a nessuno.

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