Nel marasma di locali dei Navigli passa inosservato, all’occhio poco attento, 28 posti. Nome omen ha 28 coperti, cucina con vista struscio e arredamento minimal nordic dai toni marini. La cucina è essenziale, nata tra i fuochi del tristellato Noma di Copenhagen, molto sperimentale e a tratti ardita. A volte spiazza, a volte sorprende. Bisogna affidarsi e fidarsi totalmente perché alcuni ingredienti e combinazioni le sentirete lì per la prima (e forse ultima, dipende da voi) volta.
In ordine: mi hanno fatto leccare un sasso, succhiare un’ostrica alla brace, mangiare una pasta e ceci dalle consistenze invertite (la pasta era dura, i ceci in crema), arrotolare degli spaghetti di verdura fermentati, provare un pesce in tre consistenze (pelle, carne e uova… erano uova?), mangiare un agnello in tre versioni e finire con un dolce-non-dolce (con cenere, polline e bottarga).
Mi ricordo tutto questo – e neanche troppo bene, per colpa dell’ottima selezione dei vini – perché ci tornavo per la seconda volta. La prima spiazza, scombussola i gusti e le certezze. Con la seconda si mette leggermente a fuoco e si inizia a fare ordine. Alla terza vi faremo sapere, sono troppo curiosa.