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Against Beauty Stereotypes Atto III

Adriano Cisani continua il ciclo di riflessioni sulla bellezza tra moda, guerrilla stickers e l’immancabile Trota.

quartiere Navigli

Scritto da Piergiorgio Caserini il 23 settembre 2021

Against Beauty Stereotypes, Atto III

La questione della bellezza è più o meno da sempre legata alla rappresentazione. A una questione di proporzioni che in tanti hanno provato a spiegare, ma che raramente arriva a delle conclusioni effettive. Cos’è bello? Sicuramente è una sensazione, condivisibile. Il bello – a priori dei suoi oggetti – è bello sempre, allo stesso modo per tutti. Ma sappiamo anche che la bellezza è sempre culturalizzata, inscritta nei fenomeni sociali. È difficile, insomma, riscontrare dell’oggettività sul bello riferito alle cose o alle persone, più semplice alle sensazioni.

Andiamo svelti: a quanti piacerebbe mettersi una trota nel culo? La domanda colpisce a fondo un’idea di piacere prostatico, desiderio anale e personalistico del petit object (a) che dovrebbe farci trovare lo spazio, le profondità giuste, di un’espressione soggettiva.

Capiamo da subito che la Trota Nel Culo (che personificheremo con delle maiuscole) è una metafora, e ci stiamo riferendo ad Adriano Cisani, che con il suo Against Beauty Stereotypes s’incaponisce dal 2017 sulla questione degli stereotipi di bellezza. Da fotografo di moda è da sempre suscettibile all’argomento, l’ha vissuto sulla propria pelle, ne è stato compartecipe e se n’è a volte tirato fuori. Ora il progetto è arrivato al suo terzo atto, ma per chi è a digiuno facciamo qui un breve recap di quanto è successo.

Cominciamo con una questione immediata, semplice. Perché una trota nel culo? Perché la trota nel culo dà, tutto sommato, fastidio. A priori; d’altronde è una trota. Ma questa Trota fa qualche cosa di più, perché nasce all’interno di un regime discorsivo che ha fatto di bellezza, immagine e rappresentazione (pure sessualizzata) i suoi statement. Parliamo ovviamente della moda, spazio in cui Adriano lavora da parecchio tempo. E il fastidio è arrivato subito. Appena l’immagine si è diffusa direttori e direttrici, editor e operatori di settore hanno alzato la mano: «No, non si può fare con una trota nel culo». Così la Trota è stata rimbalzata qua e là, ha risalito e guadato la corrente dei feed finché non ha trovato la sua vera vocazione: una vocazione squisitamente militante, in chiave ovviamente ironica. Come piace a noi.

La Trota è un po’ come un messia. Si sacrifica per cercare di redimere i vostri peccati di giudizio.

L’atto I di Against Beauty Stereotypes è d’azione: guerrila stickers e wild posting. Bisognava ottenere uno schianto, un’incidenza, in altre parole provocare stupore, e fastidio. Sui muri, sui i pali e nello scrolling compulsivo di IG. E l’unico modo per abbattere la barriera dei millisecondi di attenzione – 0.3 secondi – è tirare una sberla a livello comunicativo. Trasformare un’immagine in una malattia comunicativa, ovvero lasciarla in balia di uno spettro semiotico, interpretativo, ampio. Qui si spiegano, come vi dicevamo su, i primi fraintendimenti rispetto alla Trota Nel Culo. È offensiva? O la Trota boccheggia in silenzio su temi che ci riguardano, e si capiscono nel momento in cui si è scevri dei soliti giudizi aprioristici?

Arriviamo all’atto II, che fa di Against Beauty Stereotypes il tema dell’issue N.02 di Personne. Qui Adriano veste il ruolo di editor, e assieme a un mucchio di fotografi e interviste a personaggi tipo Bottura, Ghali e Alessia Glaviano, passa dall’impatto all’analisi degli stereotipi. La bellezza va posta al plurale, il fascino anche, il genere pure. E bisogna farlo tutti. Insomma, bisogna intestardirsi per superare quella muraglia culturale che ha per fondamenta delle specifiche qualità di giudizio morali (per cui il valore cristiano del corpo martoriato non è poi così distinto dalla sovraesposizione dei corpi oggi).

E arriviamo all’atto III, presentato oggi. L’unico modo è andare in profondità. Go Deeper e Wise Up. Questi in nomi dei due bugiardini del Kit DIY con cui Adriano sollecita il pubblico a smettere di essere spettatore e diventare fruitore. Insomma, bando alle ciance: il miglior modo per apprendere e comprendere è fare, assimilare al meglio e restituire attraverso i propri corpi. Le parole servono fintantoché possano incarnarsi in qualcos’altro. Lì e solo lì si fanno proprie. E allora si smette di cianciare. Il kit in questione, ormai l’avrete capito, consiste in istruzioni precise, illustrate, metodiche, per realizzare da voi la prima foto del progetto. La Trota Nel Culo.

Se ancora non siete convinti, andiamo schietti. La famigerata Trota sta lì a cercare di dirvi, fuori dall’acqua e in un ambiente decisamente angusto, che qui poco importa quello che fai. Che alla fine, se anche la nozione di perversione è una culturalizzazione storica di pratiche sessuali, i giudizi morali che si esprimono a riguardo vanno pensati, sempre, inscrivendoli lì dentro. In un momento e uno spazio. Che corpi e pratiche sessuali non connotano in bene e in male, ma casomai, spinozianamente, in buono e cattivo. Ciò che fa bene e ciò che fa male. E la Trota è un po’ come un messia. Si sacrifica per cercare di redimere i vostri peccati di giudizio.