Su uno schermo lungo 20 metri scorrono le immagini dello stupro della foresta amazzonica: alberi abbattuti con motoseghe, incendi e devastazioni in una successione quasi horror che non può lasciare indifferenti. Broken Spectre è l’ultimo colossale lavoro dell’irlandese Richard Mosse ed è certamente il pezzo più importante e rappresentativo di Vertigo – Video Scenarios of Rapid Changes, dal 10 febbraio al 30 giugno al MAST. La mostra curata da Urs Stahel affronta il tema delle mutazioni della società e per farlo utilizza – come non mai a Bologna – esclusivamente il mezzo della videoarte presentando 34 opere di 29 artisti internazionali.
Il disastro ambientale ritratto da Mosse è accompagnato, come se non bastasse, dalla colonna sonora del compositore australiano Ben Frost (sua anche la musica della serie Dark, per dirne una), che per amplificarne l’effetto emotivo ha legato un registratore agli alberi abbattuti e con l’ausilio di microfoni a ultrasuoni ha catturato le sonorità prodotte dagli insetti simili a motoseghe.
Broken Spectre dura più di un’ora e, come molte altre opere presenti, varrebbe solo una delle numerose visite che la collettiva richiede per essere apprezzata fino in fondo. Gli spazi espositivi sono stati, infatti, allestiti con alcune sedute e l’audio è talvolta fruibile tramite telefono cellulare e cuffie, inquadrando i QR code accanto alle installazioni.
La mostra è strutturata in sei sezioni tematiche con una serie di “Intermezzi“ che fungono da commenti agli eventi che costellano il presente, allo stato del mondo, alla condizione globale.
Alcune opere sfidano lo sguardo e la resistenza, come 15 hours di Wang Bing, documentario di ben 15 ore girato in presa diretta in un solo giorno all’interno di una fabbrica cinese di indumenti che impiega lavoratori migranti; altre mandano in crisi le abitudini digitali mettendoci, ad esempio di fronte agli effetti di quello che Shoshana Zuboff ha chiamato il “capitalismo della sorveglianza“: If you didn’t choose A, you will probably choose B di Ariane Loze ci mostra una donna dinamica sulla trentina costantemente analizzata, spiata e inseguita in una Parigi deserta da algoritmi “viventi” la cui intelligenza artificiale è asservita a scopi commerciali.
C’è spazio anche per il sorriso, anche se amaro: è il caso di What is Money? With Babak Radboy del collettivo americano DIS in cui un adulto prova a spiegare a un gruppo di bambini il capitalismo, davanti a una serie di espressioni facciali che sono la più chiara risposta all’assurdità del tutto.
E, ancora: Asia One di Cao Fei, che ci consegna una storia d’amore fantascientifica e surreale in un grande deposito di merci, che racconta il passato della Cina e il futuro globale; la serie di Eva e Franco Mattes realizzata con il giornalista investigativo Adrian Chen e con alcuni attori partendo dalle testimonianze anonime di content moderators che hanno lavorato per Facebook a Berlino; o Contaminated Home di Nina Fischer & Maroan el Sani che si concentra sulle conseguenze dell’incidente nucleare di Fukushima, in Giappone, a dieci anni di distanza.
Una vertigine continua accompagna la visita mostrandoci il percorso di una caduta che si direbbe inarrestabile.
«L’esposizione – spiega Urs Stahel – nasce dalla riflessione sulla mole di informazioni elaborate da ciascuno di noi ogni giorno, che, combinate alla velocità e alla complessità, si trasforma in un fattore travolgente di cambiamenti nella società . I dati mostrano che oltre il 40% della popolazione europea si avvia alla totale rinuncia ai mezzi di informazione tradizionali. La scrittura e il calcolo li lasciamo volentieri alle macchine. La comunicazione scritta è ormai obsoleta o si è ridotta a poche righe. La lettura, il pensiero e la memoria sono destinati a indebolirsi. Il risultato è che oggi ci troviamo a fare i conti con parametri in continua evoluzione, cambiamenti di proporzioni così colossali in termini di portata, velocità e qualità che non siamo più in grado di comprenderli, e nemmeno riusciamo a reagire in maniera adeguata. Il più delle volte ci sentiamo storditi, insicuri e smarriti: la vertigine – intesa nel senso più ampio, come incertezza, ottenebramento, mancanza di chiarezza e capogiro – è divenuta la nuova normalità».
La mostra è aperta dal martedì alla domenica alle ore 10 alle 19. L’ingresso è gratuito. È consigliato portare con sé smartphone e cuffie per fruire di alcuni dei contenuti.