Una città è viva quando è abitata da mille popolazioni diverse, quando non si fa costringere in una sola definizione, quando vince gli stereotipi. E lo stesso vale per le sue parti: un quartiere desiderabile è quello dove lo scenario cambia continuamente, dove la monocultura è bandita. È per questo motivo che i Navigli restano uno dei luoghi più straordinari di Milano. I navigli sono cangianti, come è cangiante la luce che riflettono le acque, a seconda dell’ora, della stagione, di chi ci passa, di chi si ferma ai suoi bordi, di quanto alcool – e dio sa quante altre sostanze – si riversano nella composizione chimica dei liquidi, e di quanto fermentano le idee negli spiriti che aleggiano.
L’equazione movida-Navigli/Navigli-movida è vecchia, è una forma di pigrizia mentale, è una resa alla banalità
E poi ci sono le aree dell’undergound e dell’anarchia ai lati del Naviglio Pavese, da cui trasuda sempre fierissima la storia del Conchetta e dei Frizzi e Lazzi e della Clinica di via Torricelli (il Brutto Anatroccolo). Anarchici, irregolari, cybernauti, punk, Primo Moroni, insomma tutta la pazza folla eterogenea raccontata di Philopat nell’immortale I pirati dei Navigli, tutti sono passati di qua mentre il resto della città si istupidiva a forza di Campari. Ed è sempre da qua, e sempre con uno spirito alternativo, che poi si è rivelato l’elemento più vitale della situazione, che sono nate le prima feste di quello che è poi diventato il Fuorisalone. In un bellissimo cortile di via Vigevano, allora assai più selvaggia rispetto a ora, Zeus creava un nuovo polo di folle energia fuori dalla fiera del Salone, attirando a sé tutte le energie più dionisiache e i personaggi più folli del mondo del design e della moda.
Navigli dalle mille insegne, da bere in un sorso passando di locale in locale. Perché anche se l’appellativo movida ci sa di vecchio è questa la zona di Milano che presta il fianco ad aperitivi goliardici, processioni alcoliche e leggende mirabolanti. Come quella del tuffo nel canale. Notti umide e un po’ nebbiose, oppure calde e appiccicate da stemperare nei locali pionieri del bere bene, come il Rita, il MAG, il Rebelot, il Pinch, l’Elita, tra i molti, o da affogare dando retta a un buttadentro qualsiasi. Navigli del bere, in poche parole, da scoprire anche oltre le sue colonne d’Ercole: a ovest verso San Cristoforo e a sud, seguendo il Naviglio Pavese e spingendosi fino a Chiesa Rossa. Alla goccia.
Nella passata era del ballo libero, dopo il più classico bar tour sulle Alzaie, il sentimento e l’alcol muoveva le masse in direzione dei dancefloor di zona. Rotolando in Conchetta ci si imbatteva nella fila all’ingresso dell’Apollo, il club che venerdì con Rollover e l’elettronica, sabato con Nice e RRRIOT, riempiva il locale di ormoni e bella gente. Qualche metro più il là, nel rione vibrava il Cox18 con i suoi dj set, performance e concerti non convenzionali, come anche quelli rock’n’roll che furono al Sotto La Sacrestia, altro originalissimo spazio in via Conchetta. Mentre sulle sponde del Grande la techno in cassa dritta spingeva già il giovedì con i ragazzi di Void al Rocket, l’altro club faro dei Navigli, che proseguiva il venerdì con Linoleum e concludeva il sabato con Akeem, due serate caratterizzate dalla più eclettica musica contemporanea. I fighetti invece si spingevano qualche civico più in là al Bobino: camiciati e pezzati dall’aperitivo a notte fonda, il classico locale per i tavolari che non devono chiedere mai, soprattutto lo champagne. Chissà quando tutto ciò ricapiterà?