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Come stanno le librerie indipendenti? | Modo Infoshop

quartiere Zona Universitaria

Scritto da Greta Biondi il 16 ottobre 2025

Foto di Salvatore Papa

Bologna ha un po’ di febbre, ma come se la passano le sue librerie indipendenti? Ecco la nostra nuova rubrica a cura di Greta Biondi.


Nome: Modo, cognome, Infoshop – che è tante cose, tra cui una libreria e una casa editrice indipendente, a Bologna, da circa 23 anni. Zero ne ha parlato diffusamente qui qualche anno fa, e oggi siamo tornati a bussare in via Mascarella 24b per fare una chiacchierata circa i tempi correnti.
Arrivo da Modo verso le 15, è un giorno infrasettimanale, si sta bene al 40126. Butto un occhio, c’è ancora poca gente in giro, ma tra poco, diciamo due ore, si riempirà del tutto, ormai lo so. Nel mentre cerco qualche libro interessante a pochi soldi nelle scatole di legno davanti alla vetrina e uno sgabello libero. Poi arriva Andrea, ci sediamo fuori, che è parte del suo bello, e iniziamo la chiacchierata.

Greta: Modo Infoshop: non vi dirò che per me come per tutta Bologna siete un’istituzione, perché so che non vi interessa [sfodero questa figura retorica del dire non dicendo]. E allora vi domando: ma il vostro nome, da dove viene, cos’è. Va bene se vi chiamo anche solo Modo? Non l’ho davvero mai capito e mai ho saputo bene a chi chiederlo.

Andrea: Modo nasce da un’idea di Fabio e Beppe, con i quali avevamo condiviso gli anni dell’Infoshop al Link (1997/2001) di via Fioravanti. Nel 2003, appena laureati, decidono di aprire uno spazio che avesse a cuore la piccola e media editoria e l’autoproduzione a 360°. Sin da subito mi sono unito all’avventura e, da qualche anno anche Marta è parte della nostra storia. Il nome modo è molto versatile e ci piaceva proprio questa sua caratteristica. Infoshop ci ha seguito anche qui.

Ho capito, grazie – un dubbio in meno. Qui dovremmo aprire una massiccia parentesi su cos’è stato e cosa ha rappresentato il vecchio Link di Fioravanti, ma ce la teniamo per un’altra volta. Per ora ne approfitto per un’altra mia curiosità storica: ma il bar è parte di Modo? Qual è il rapporto che vi lega?

Si, il bar è nato come costola della libreria, si è liberato il locale a fianco e lo abbiamo preso in gestione. Anche ora, dopo vent’anni pensiamo a libreria e bar come a un luogo unico, non sono uniti fisicamente all’interno, ma come puoi vedere il dehor esterno unisce chi frequenta Modo. Abbiamo preferito così per paura che il bar potesse fagocitare la libreria, come spesso accade per mere questioni economiche.

Domanda a bruciapelo: e i turisti?

Ne passano. Abbiamo ampliato leggermente il settore di libri in lingua che era già presente tra gli scaffali. I titoli sono gli stessi che abbiamo in italiano. Non vendiamo mappe della città, o guide turistiche per scelta, ma abbiamo un settore dedicato al viaggiare in senso più ampio, il perdersi, il camminare. Posso dire che il turista che entra in libreria sa già più o meno cosa aspettarsi, anche in questo caso è una cosa legata al passaparola, magari via social, da qualche parte hanno parlato di noi. Questa è una cosa indipendente dalla nostra volontà.

E, quindi, chi è il frequentatore e la frequentatrice tipo di Modo? Mi guardo intorno e mi sembra di capire, ma poi arriva sempre qualcuno fuori dal quadro.

Non saprei definire la nostra ‘clientela’ tipo. Penso tu abbia già risposto. Siamo in piena zona universitaria e di conseguenza molti studenti e professori dell’area umanistica, dell’accademia, e delle scienze politiche trova nei libri che scegliamo un’occasione per passare di qua. Capita che studenti che ci frequentavano vent’anni fa, nel frattempo sono diventati genitori e quindi portano i loro figli. In generale, ripeto, faccio fatica e definire un frequentatore medio.

E come ti sembra, più in generale, questa Bologna intorno a Via Mascarella?

Via Mascarella, quando abbiamo aperto, non era come la conosciamo oggi. E lo stesso vale per Bologna. Questo mi sembra abbastanza scontato. Nel 2002, quando abbiamo iniziato i lavori di allestimento era una via di passaggio per qualche studente diretto alle vecchie aule nella parte “nuova” e poco più. Oggi la situazione non è diversa dal resto della città, siamo per fortuna ai margini della zona turistica, quella della “città del cibo”, della mortadella…; chi si spinge fino a qui a volte viene apposta, alla ricerca di una piccola isola.

Parliamo un attimo di quegli anni, giusto per dare un nome alle cose, che per me è: invidia generazionale. Com’era davvero, per tu/voi che avete vissuto gli anni Novanta?

Ma lascia perdere l’invidia generazionale, che è una cosa a catena: noi l’avevamo per quelli di prima, che avevano fatto gli anni Settanta e Ottanta, ovviamente. Comunque, ti posso dire che quegli anni lì per Bologna, tra le centomila altre cose, sono stati un tempo di forza attrattiva immane per i ragazzi dalle province di tutta Italia, una potenza enorme. Durante il ‘94-’99, ad esempio, le cose succedevano veloci e parallele, dovevi scegliere a cosa rinunciare piuttosto che cosa vedere e noi abbiamo avuto la fortuna di esserci. Parte di quelle esperienze ce le portiamo ancora dietro e muovono ancora molto del nostro fare.

Secondo te, oggi sarebbe possibile aprire un posto simile a Modo?

Non so rispondere a questa domanda. Per noi è successo in modo del tutto naturale, poi le cose sono venute piano piano nel tempo. Abbiamo cercato di mettere insieme le nostre esperienze, e quelle delle centinaia di persone che hanno attraversato, e attraversano i nostri spazi. Spazi che prima di noi, e per pura coincidenza ospitavano il Picchio, un centro di documentazione anarchica attivo dal 75 al 93. Dove oggi c’è il bar aveva aperto il Naked, un pub molto conosciuto nel giro dei primi anni duemila, che ospitava concerti e dj set molto interessanti, aperto a volte anche tutta la notte. Proprio Max uno dei gestori, ci parlò dello spazio sfitto che era di fianco. Pensa che il vecchio proprietario era così un uomo d’altri tempi che ci fece scrivere una lettera di motivazione per prendere i locali, nella quale dichiaravamo tutti i nostri intenti. Ci disse di sì. Non so se questo sarebbe possibile oggi, ma i modi per fare le cose si trovano sempre, o si inventano insieme.

Così hai anche già quasi risposto alla successiva domanda, e cioè com’è lavorare a quattro teste e avere dei soci?

Anche qui, posso parlare solo per noi. Questo lavoro, mestiere, chiamalo come vuoi, è soprattutto uno spazio. Uno spazio abitato dal sentire nostro (mio, di Fabio, Beppe, Marta) e dal filtro di questo sentire, anche cose diverse. Lì dentro [indica la libreria] ci sono romanzi, ma anche tanta saggistica, fanzine, riviste, una miriade di piccole e medie case editrici scelte da noi quattro: è una prossimità di visioni continue, ed è esattamente come avremmo voluto che fosse. Quello che piace a me, o che conosco io, è inevitabilmente diverso, per dire, dal gusto o dalle conoscenze di Marta, e va bene così. Sicuramente il fatto di aver costruito negli anni uno spazio come questo ha creato delle buone condizioni per mettere in relazione le persone, noi in primis ma anche che chi frequenta Modo. Quindi forse ti direi che per creare un posto come questo, a Bologna o da qualsiasi altra parte, si deve prima di tutto avere la volontà di creare uno spazio di condivisione. Libreria lo abbiamo scritto su Facebook per necessità, però questo è Modo infoshop, che è tante cose davvero.

E allora, come ve la passate?

Non credo sia tempo di fare bilanci, cerchiamo di vivere e attraversare il presente. Quella che ci spinge ogni giorno è la stessa voglia che avevamo vent’anni fa. E questo fa sì che ogni idea, ogni spunto che abbiamo, diventi occasione per organizzare gli incontri che ospitiamo o a pensare ai libri che pubblichiamo con la nostra casa editrice.