Avanti Hangar (PHB, alla francese)! Dopo un comizio gauchiste del sindaco Sala, che ha fatto appello alle forze collaborative presenti a Milano, il direttore artistico Vicente Todolí ha presentato uno dopo l’altro gli otto artisti protagonisti delle prossime mostre negli spazi dello Shed e della Navata dal San Valentino 2019 a quello del 2021.
Si inizia con Giorgio Andreotta Calò, trionfatore del padiglione italiano dell’ultima Biennale d’arte a Venezia, e si finisce con il grande Steve McQueen, ora nelle sale cinema con Widows e autore degli immortali Hunger e Shame, ma che qui ci mostrerà i suoi film più artistici, come Ashes.
In mezzo ci sono Sheela Gowda (Bhadravati, Karnataka, India, 1957), Cerith Wyn Evans (Llanelli, Galles, Regno Unito, 1958), Chen Zhen (Shanghai, 1955 – Parigi, 2000), Daniel Steegmann Mangrané (Barcellona, 1977), Trisha Baga (Venice, Florida, USA, 1985) e Neïl Beloufa (Parigi, 1985). Artisti accomunati, come è stato messo in evidenza dallo stesso Todolí, dall’impossibilità di definire in modo preciso la loro appartenenza nazionale: nati in un posto da genitori di un altro paese, hanno poi stabilito la propria residenza in un terzo luogo o hanno abbracciato una vita nomadica. Il messaggio è chiaro, in linea con la posizione su cui si è schierato l’intero mondo dell’arte globale: l’arte è senza confini, e privilegia l’incontro tra le culture, anche se come sempre nasconde il fatto che la questione dell’attraversamento dei confini non ha praticamente rilievo per tutti quelli che a vario titolo sono riusciti a entrare a fare parte del ristrettissimo mondo dell’arte, ma è un problema di classe, e riguarda quindi un altro genere di soggetti.
Le mostre saranno come sempre delle gigantesche installazioni site-specific, pensate per inglobare opere passate degli artisti con nuove produzioni in veri e propri “paesaggi” artistici pensati per lo spazio dell’Hangar, che a sua volta sarà modificato dagli artisti.
Le piastrelle di sterco di Sheela Gowda e il dragone nero di Chen Zen. L’arancia depressa (Naranja deprimida) di Steegmann Mangrané e le superstrutture, colonne luminose, di Cerith Wyn Evans. I video da social di Trisha Braga e le installazioni di Neïl Beloufa. La barca sospesa in volo di Giorgio Andreotta Calò e la ripresa vorticosa intorno alla Statua della Libertà di Steve McQueen. Immagini dense di senso, lontane dall’autocelebrazione, di artisti che hanno tutti esposto in mille biennali e nei migliori musei, ma che non hanno ancora avuto il tempo di diventare luogo comune.
E una novità di rilievo è che oltre a Vicente Todoli e a Roberta Tenconi, saranno anche Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli a curare in prima persona alcune delle mostre: Trisha Braga, Daniel Steegmann Mangrané, e Sheela Gowda. In bocca al lupo.