Versione italiana
(English version below)

 

Un lampo nel buio. Quasi casco per terra. Nell’oscurità si delinea per un istante una figura che esce fuori dal mondo contemporaneo, e viene da selve e alpeggi che il tempo non ha mai sfiorato. Altissimo, sottilissimo, la pelle sembra di opale, gli occhi (che adesso a dire la verità non vediamo, non c’è un filo di luce) rimandano a oceani sotterranei di acqua alpina finalmente trovati da qualche manipolo di geologi nei quali non si faceva più affidamento da anni. Partono forme luminose dentro una stanza enorme, piena di piloni. La linea-Lissoni prende corpo (un corpo- freccia astutissimo, che ha imparato a seguire la linea di basso nella drum&bass, non lo sfarfallio delle schegge ritmiche), un corpo che si contorce in una danza furibonda, seguendo anche inaspettate sequenze di antiche ronde folk altoatesine. È Andrea Lissoni: una delle anime culturali centrali di questo meraviglioso baraccone culturale libero, che non ha eguali – per programmazione, precisione e rilassatezza – in Europa, altro che Paradiso di Amsterdam.

Lissoni ha imbroccato spontaneamente una performance dentro le performance (Michele Di Stefano degli MK, che hanno fatto il qui il loro nuovo spettacolo in anteprima lo sta guardando, incredulo), con produzioni generate ad hoc per la serata in parallelo con “Arte Fiera”. C’è appena stato Norma Jeane – genio, come sempre – che ha collegato un sensore al battito del suo cuore, e l’ha fatto risuonare ovunque in tutti gli spazi shabby della grande struttura ex dimessa poco in là dalla stazione, cosa a suo modo chic. Per arrivarci, messa di spalle, giri sul ponte a sinistra e tiri lungo, massimo 10 minuti e la trovi. Cesare Viel ha finito nella sala più piccola di cantare la Vanoni. Ci ha messo tutto sé stesso ma sen-za enfasi alcuna, vestito normalmente (non tra-vestito) ma raggiungendo un punto impossibile al limite dell’eterosessualità, riuscendo a rimanere maschile ma come attaccato con lo sputo. Apparentemente una stronzata, in realtà un colpo da maestro. Cesare è qui perché l’ha portato l’artista Luca Vitone, altro complice del collettivo, con il quale condivide questo modo tutto genovese (vengono da lì) di produrre truismi con pochissimo sforzo. Vitone è bassino, sembra indiano, è vestito da prete ma è il mandrillone più astuto che si sia mai visto sulla faccia della terra. È il macho che desideravo mi possedesse lungo i binari del treno lì di fronte, nell’ubriachezza, ma vestito e flautato come un curato. “Eyes Wide Shut” (l’ho trovato e rivisto in dvd ieri: una bomba).

Tratti somatici che mischiano origine contadine friulan-hardcore con il Sudamerica delle comunità più estreme.

Vitone era compagno di università al Dams di Daniele Gasparinetti, la cui tesi di laurea è stata la progettazione di un grande centro culturale “alternativo” dove far convergere il meglio dell’espressione culturale contemporanea. Era il Link, l’ha immaginato e l’ha fatto. Per questo Daniele è il suo Re – anche se è un collettivo, certo certo. Una figura non raccontabile, proveniente anche lui da mondi antichissimi ma è capace allo stesso tempo di abitare il futuro con una naturalezza che nessuno dei cyberpunk “Shake” di Milano si potrebbe mai sognare. Tratti somatici che mischiano origine contadine friulan-hardcore con il Sudamerica delle comunità più estreme, con gli stessi diademi portati al collo assieme alle ormai leggendarie perle della nonna legate ai lobi delle orecchie. Magrissimo anche lui, sopraintende a tutto, in modo che Link sia quello che sia: uno spazio di diffusione della conoscenza per tutti i sensi dove – potendo – dovresti venire tutte le sere e trovarci qualcosa di clamoroso. Daniele sta con Silvia Fanti, l’ispida e urticante curatrice di ogni cosa che abbia a che fare con le arti viventi qui, con “prime” che hanno circolato in tutti i festival internazionali, una talent scout formidabile che ha un rapporto speciale con Romeo Castellucci e la Societas Raffaello Sanzio, della quale in questi giorni si vede un pezzo breve e fulminante: una platea di coniglioni neri impagliati che guardano uno spettacolo improbabile in un piccolo teatrino dietro Piazza Maggiore. Insomma tutto questo per dire, che in questo weekend di arte sarà anche tutto cerebrale quello che vi ho raccontato, ma poi se fai co-me Vitone e vai al Link, di riffa o di raffa, alla fine poi scopi.

English version

 

A flash in the dark. I almost fall to the ground. In that moment, a figure lights up, not emerging from the contemporary world, but coming from forests and alpine pastures untouched by time. Very tall, very slender, with opalescent skin, eyes that resemble (which, to tell the truth, we can’t see now because we are in darkness) underground oceans of alpine water finally discovered by a small group of geologists in whom no one had trusted for years. Shapes of light emerge within a huge room, full of pillars. The body-line takes shape (a very clever arrow-like body that has learned to follow the bassline in drum and bass, not the fluttering of rhythmic shards): it is a body that contorts in a furious dance, also following unexpected sequences of ancient folk rounds from South Tyrol. It’s Andrea Lissoni, one of the central cultural souls of this wonderful free cultural circus that has no equal – in terms of programming, precision, and relaxed atmosphere – in Europe, forget about Amsterdam’s Paradiso.

Lissoni has spontaneously hit upon a performance within performances (Michele Di Stefano of MK, who premiered their new show here, is watching him and is incredulous): specially generated productions for the evening that run parallel to “Arte Fiera.” Norma Jeane has just been here – a genius, as always – whom connected a sensor to the beat of her heart, making it resonate everywhere in all the shabby spaces of the large structure, once abandoned, not far from the train station (which is somehow chic), behind it. You can find it in about ten minutes, turning to the left on the bridge and going straight ahead. Cesare Viel has finished in the smallest room singing Vanoni. He gave it his all but without any emphasis, dressed normally (not cross-dressed), reaching an impossible point within the heterosexual limit: remaining masculine but as if attached with spit. Apparently nonsense, but actually a stroke of genius. Cesare is here because artist Luca Vitone brought him, another accomplice of the collective, with whom he shares this very Genoese way (they come from there) of producing truisms with minimal effort. Vitone is short, looks like an Indian, dressed like a priest, but is the most cunning mandrill you have ever seen on the face of the earth. He is the macho man I wished would possess me along the train tracks right there, in a state of drunkenness, but dressed and fluted like a clergyman. “Eyes Wide Shut” (I found it and watched it on DVD yesterday, it’s a bomb).

Physical features that mix Friulian-hardcore peasant origins with the most extreme South America.

Vitone was a university classmate of Daniele Gasparinetti at DAMS, whose thesis was the design of a large “alternative” cultural center where the best of contemporary cultural expression could converge. It was Link, he imagined it and made it happen. That’s why Daniele is his King, even though it’s a collective… of course, of course. An indescribable figure, also coming from ancient worlds and capable at the same time of inhabiting the future with a naturalness that none of the cyberpunk “Shake” in Milan could ever dream of. Physical features that mix Friulian-hardcore peasant origins with the most extreme South American communities, with the same neck diadems worn together with the legendary grandmother’s pearls on the earlobes. Very slim himself, he oversees everything so that Link becomes what it is: a space for the dissemination of knowledge for all the senses where – if you could – you should come every evening and find something sensational. Daniele is with Silvia Fanti, the prickly and irritating curator of everything related to the performing arts here, with “premieres” that have circulated in all the international festivals, an incredible talent scout who has a special relationship with Romeo Castellucci and the Societas Raffaello Sanzio, a fragment of which can be seen these days: an audience of stuffed black rabbits watching an improbable show in a small theatre behind Piazza Maggiore. In short, all this to say that during this weekend of art in Bologna, what I have told you may also be cerebral, but then if you do as Vitone and go to Link, one way or another, in the end, you’ll get laid.

 

“STORIA VERA” is a project by ZERO and SLAM JAM