Torna la Festa del Cinema di Roma, giunta alla diciannovesima edizione, con un programma ampio che include proiezioni, mostre ed eventi diffusi in tutta la città. Un totale di cento film da ventinove Paesi, divisi tra una sezione competitiva e altre collaterali, accompagnati dai consueti incontri con attori e registi: tra tutti, Viggo Mortensen a cui verrà consegnato un Premio alla Carriera; Gael Garcia Bernal e Diego Luna, che dopo più di vent’anni da “Y tu mamá también” presentano la loro nuova serie “La Maquina”. Ampio spazio verrà dato agli omaggi, come i cento anni di Marcello Mastroianni, e ai restauri, tra tutti “D’Est” di Chantal Akerman, “Gilda” di Charles Vidor e “Sei donne per l’assassino” di Mario Bava. Molte anche le mostre sparse per la città, tra cui segnaliamo “Renato Casaro. L’uomo che ha disegnato il cinema”, dedicata alle opere del leggendario cartellonista che ha disegnato alcuni dei più iconici poster della storia del cinema, un’arte persa nel tempo ma che ha contribuito a formare l’immaginario collettivo.
THE SUBSTANCE di Coralie Fargeat
Regno Unito, Stati Uniti, Francia, 2024, 140’
Incredibilmente camp, incredibilmente cruento, ma anche, per molti aspetti, incredibilmente scemo: “The Substance” è l’esperienza cinematografica più esilarante e indimenticabile dell’anno, provare per credere. Il body horror è disgustoso e gli effetti speciali e il trucco sono impeccabili. Forse c’è poca “sostanza” in quello che che vuole dire sugli standard di bellezza e il sessismo nei media, ma quando è tutto così eccessivo, divertente, implacabile e scintillante, il resto passa in secondo piano. Se vi fosse offerta l’opportunità di far uscire la parte migliore di voi, accettereste? Elizabeth Sparkles (Demi Moore, nella sua migliore interpretazione) è una star della tv in declino, appena licenziata perché “troppo vecchia” e con niente da perdere. “The Substance” promette bellezza e gioventù, con semplice kit fai-da-te. Impossibile dire di no. Il problema è che “la parte migliore di Elizabeth” è Sue, giovanissima, bellissima e determinata a emergere. L’equilibrio tra le due facce della stessa medaglia sarà sempre più precario, in un crescendo di follia e immagini sempre più estreme. C’è chi abbandonerà la sala, chi passerà metà film coprendosi gli occhi e chi si divertirà come un bambino al luna park. Questo non è di certo un film per tutti – anzi, astenersi stomaci deboli – ma se litri di sangue, body horror selvaggio e satira iperrealista fanno per voi, sarà bellissimo.
“ON BECOMING A GUINEA FOWL” di Rungano Nyoni
Zambia, Regno Unito, Irlanda, 2024, 99’
Una ragazza vestita come Missy Elliot nel video di Supa Dupa Fly sta tornando a casa di notte e sulla sua strada incontra un cadavere. L’uomo deceduto è qualcuno che conosce bene. È così che inizia questo film, il secondo diretto da Rungano Nyoni e il primo film dello Zambia a essere selezionato per il festival di Cannes, dove ha vinto per la migliore regia nella sezione Un Certain Regard. Il tono tragicomico e surreale della prima sequenza è un ottimo biglietto da visita per il resto dell’opera: i bizzarri comportamenti dei personaggi piano piano riveleranno un segreto doloroso che metterà tutto il resto in prospettiva. È una storia che parla di generazioni di donne, di scontri generazionali e culturali, di dolore, di lutto e di trauma: alcune parti sono talmente dure da togliere il fiato, e poi ti trovi a ridere. In parte radicato nella realtà più cruda e in parte magico, quasi mistico, questo film è un piccolo gioiello da non perdere.
LES FEMMES AU BALCON di Noémie Merlant
Francia, 2024, 103’
Il caldo afoso di una giornata di estate in un quartiere popolare e caotico di Marsiglia. Tre ragazze sul balcone, a cercare un po’ di refrigerio ma anche a sbirciare nelle vite dei loro vicini, a cominciare dal belloccio del palazzo di fronte. Un’ attrice nevrotica, una cam-girl tosta e determinata e una aspirante scrittrice impacciata verranno catapultate in situazioni estreme a causa di questa curiosità estiva. Debutto alla regia di Noemie Merlant, anche sceneggiatrice insieme a Celine Sciamma, “Les femmes au blacon” è un film di donne, sulle donne e per donne. Si ride, si urla, si distoglie lo sguardo con disgusto, ci sia arrabbia e si piange anche. Una delirante e divertente tragi-commedia-horror che tocca temi importanti con una regia dinamica, giovane, colorata, senza neanche un momento di noia.
BRING THEM DOWN di Christopher Andrews
Irlanda, Regno Unito, Belgio, 2024, 105’
Christopher Abbott e Barry Keoghan: due facce incredibili, carisma e talento in abbondanza e una lunga lista di personaggi bizzarri e perversi nelle loro filmografie. In “Bring Them Down” interpretano un pastore e un contadino silenziosi, figli di due famiglie rivali: le stravaganze delle loro precedenti interpretazioni lasciano il posto a introspezione e repressione. Il film inizia come un tipico indie drama tra pecore e paesaggi rurali irlandesi, per poi diventare un violento, intenso, tragico revenge thriller. Acclamato nel circuito dei festival, il film, nonostante non sia propriamente “di genere”, ha vinto il Fantastic Fest 2024.
ANORA di Sean Baker
Stati Uniti, 2024, 138’
Anora è una giovane russo-americana che lavora in uno strip club di Brooklyn. Ivan è un giovane e ricchissimo figlio di un oligarca russo che invece non ha mai lavorato un giorno nella sua vita. Grazie a una fortuita lap-dance, i due si conoscono e scocca l’amore. I genitori di lui hanno però qualcosa da ridire su questa unione. Nelle mani di chiunque altro da questa premessa sarebbe nato un Pretty Woman per la Gen Z. Sean Baker, però, non è quel tipo di regista. Da sempre impegnato a combattere lo stigma legato al mondo dei sex workers (come nei brillanti “Tangerine” e “Red Rocket”), qui decide di raccontare questa storia che intreccia un amore impossibile e criminali russi con un approccio più alla “Uncut Gems” che da commedia romantica. Primo film americano a vincere Cannes dal 2011.
THE SEED OF THE SACRED FIG (IL SEME DEL FICO SACRO) di Mohammad Rasoulof
Iran, Germania, Francia, 2024, 168’
Iman è un onesto avvocato viene nominato membro della Corte Rivoluzionaria di Teheran, in un periodo di forti tensioni e proteste in tutto il Paese. Per la sua incolumità, gli viene fornita una pistola. L’uomo però non è in grado di metterla in sicuro e la perde. Tra le esecuzioni che si trova a dover autorizzare e l’instabilità politica, Iman diventa sempre più paranoico e sospettoso, anche di sua moglie e delle sue due figlie. Le tensioni sociali e quelle interne alla sua famiglia crescono di pari passo, portandolo a gesti sempre più estremi. Girato di nascosto in settanta giorni in un periodo di rivolte popolari in Iran, le cui immagini chiudono il film. Rasoulof, già arrestato e incarcerato in passato, è stato condannato a otto anni di carcere e ha dovuto lasciare l’Iran, abbandonando tutto dietro di lui. Il girato è stato in seguito portato in Germania, dove è stato possibile completare il film, che ha vinto il Premio Speciale della Giuria a Cannes.
I AM MARTIN PARR di Lee Shulman Francia
Regno Unito, 2024, 70’
Un road trip in compagnia di Martin Parr, che torna sui luoghi dei suoi scatti più celebri. Uno dei fotografi più importanti dei nostri tempi, con il suo stile inimitabile e il suo sguardo vivace e distaccato, Parr è il perfetto cronista di un mondo sempre più assurdo. Ha sempre rigettato i tentativi di intellettualizzare il suo lavoro, per lui è una questione di istinto: ha documentato il peggior kitsch britannico, le drammatiche derive del consumismo efferato, le bizzarre conseguenze del turismo selvaggio e tanti altri aspetti della società contemporanea, con quel pizzico di ironia che rende spesso le sue immagini tragicomiche. Parr è tanto interessante come uomo quanto le sue fotografie, vederlo tornare su luoghi divenuti iconici grazie al suo lavoro è un’occasione speciale per scoprire i “segreti” di un maestro .
UNDER A BLUE SUN di Daniel Mann
Francia, Israele, 2024, 79’
Bashir Abu Rabia è un pittore palestinese/beduino che vive nel deserto del Negev. Negli anni Ottanta aveva partecipato come tecnico degli effetti speciali alla produzione di Rambo III. Ripercorrendo la storia di questa collaborazione, il documentario parte come saggio di archeologia del set, ma diventa presto una riflessione su come i media, a partire da prodotti d’intrattenimento come un film d’azione americano, possono diventare strumenti di propaganda, e sulle problematiche sociali e politiche della terra in cui il film fu girato, Israele.
LE COSE IN FRANTUMI LUCCICANO di Marta Basso, Sara Cecconi, Carlotta Cosmai, Alice Malingri, Lilian Sassanelli
Italia, 2024, 85’
Come tantissimi altri luoghi di Roma, Palazzo Nardini, a via del Governo Vecchio, raccoglie in se secoli di storia. Nel 1976 venne occupato dal Movimento di Liberazione della Donna diventando il primo spazio liberato, autogestito e dedicato esclusivamente alle donne. C’è qualcosa di astorico e poetico nell’idea di un nobiliare palazzo rinascimentale che diventa spazio di lotte politiche, confronti, e assistenza tra donne e per le donne. L’esperienza terminò nel 1984, con lo sfratto dall’edificio, che però spinse i collettivi nel complesso monumentale del Buon Pastore, tutt’oggi sede della Casa Internazionale delle Donne. Le registe di questo documentario attraversano stanze e corridoi del palazzo, nell’intenzione di far dialogare il passato del movimento femminista con il presente e le realtà che ne hanno ereditato le lotte.
STOP MAKING SENSE – 40th ANNIVERSARY di Jonathan Demme
Stati Uniti, 1984-2024, 88’
Finalmente anche in Italia il restauro in 4k del più grande film-concerto di sempre, di una delle più grandi band di sempre: iconico, leggendario, vanta innumerevoli imitazioni ma nessuno è mai riuscito a ricreare la magia che Jonathan Demme e David Byrne e gli altri Talking Heads hanno “congiurato” in questo film. Novanta minuti di pura gioia, che finalmente si potrà condividere in una sala affollata, non esattamente come un concerto, ma sicuramente the next best thing. Il restauro viene presentato in anteprima al Teatro Olimpico con un introduzione di Jerry Harrison, chitarrista dei Talking Heads, e James Mockoski, che ha supervisionato il restauro.